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Sparanise festeggia il Santo Patrono. San Vitaliano vescovo di Capua. Estratto dal libro di Salvatore Piccolo dedicato al manoscritto longobardo che racconta la vita del Santo.

27-08-2022 10:09 - Storia
La città di Sparanise festeggia, con i consueti tre giorni (da oggi 27 agosto sino a lunedi 29), il Santo Patrono. L'affetto e la devozione degli sparanisani per San Vitaliano è elemento fondante della stessa cittadina calena che secondo la tradizione, avvalorata da documentazione storica, affonda le proprie radici proprio intorno alla chiesetta dedicata al culto del vescovo di Capua, un tempo esistente nei pressi dell'attuale stazione ferroviaria e distrutta da un bombardamento angloamericano nel settembre del 1943. La chiesa ricostruita negli anni 60 del secolo scorso con materiali scadenti è oggi inagibile. La ricostruzione della chiesa, invocata dalla cittadinanza, potrebbe essere l'occasione per una campagna di scavi per verificare, come ipotizzano gli studiosi locali, l'eventuale esistenza nel sottosuolo di una cripta che potrebbe svelare le ragioni della costruzione di una chiesa, intorno all'anno 1000, ad opera dei monaci benedettini di San Vincenzo al Volturno per volere dell'Abate Roffredo, giustamente ritenuto il fondatore di Sparanise. Durante la pandemia Salvatore Piccolo ha scritto un libro, "Il Calice di San Vitaliano. Storia e culto di un Santo Patrono", nel quale ha documentato l'origine storica del culto di San Vitaliano, vissuto in pieno medioevo. In omaggio al Santo Patrono pubblichiamo un ampio stralcio del testo, in particolare quella parte del libro che si occupa del manoscritto longobardo che parlava della vita di San Vitaliano ritrovato, dal Cardinale Stefano Borgia amministratore di Benevento, nel 1759 e dei documenti storici pubblicati da Michele Monaco nel secolo precedente. I testi ripercorrono l'agiografia classica di San Vitaliano (con i vari episodi della calunnia e dei vestiti da donna). L'estratto è contenuto a pagina 131 e seguenti del libro di Salvatore Piccolo in vendita su Amazon (fare click sul link per acquistare il testo).

Dal libro di Salvatore Piccolo. Il manoscritto longobardo.



Nel settimo secolo, dunque, in Capua doveva avere un qualche rilievo sociale e politico, almeno nella vita della diocesi, Onorio poi divenuto papa. In quegli anni in Capua erano stati Vescovi, secondo le principali cronotassi, Basilio, Gaudioso e Decoroso,, come abbiamo visto, aveva preso parte e firmato gli atti del concilio di Roma, antecedente occidentale del concilio di Costantinopoli, del 680, mentre Gaudioso aveva preso parte e firmato gli atti del concilio lateranense del 649. La cronotassi dei vescovi di Capua annota come predecessore di Gaudioso, Basilio. Esiste una lettera inviata al Romano difensore di Sicilia da papa Gregorio Magno del 599, come riporta Michele Monaco, che incarica Basilio, che si trovava in Sicilia, di recarsi a Capua con il titolo di vescovo. Basilio era, dunque, un vescovo proveniente dalla Sicilia che all'epoca era a stretto contatto con la chiesa d'oriente, ancora non scissa con quella di Roma. Decoroso oltre a risultare presente e sottoscrittore degli atti del concilio di Roma, essendo celebrato come santo, è anche ricordato nei vari martirologi con qualche ulteriore, seppur minima, aggiunta bibliografica (il martirologio romano lo riporta alla data del 15 febbraio). Dopo Decoroso, arriva alla cattedra che fu di San Prisco, il nostro protagonista Vitaliano, questo almeno secondo l'elencazione ufficiale dei vescovi di Capua.
Desta attenzione il fatto che gli ultimi tre predecessori di Vitaliano alla carica di vescovo di Capua sono in pratica sconosciuti alle tradizioni, calendari, o altro e questo nonostante che Decoroso, è annoverato tra i santi della chiesa ( nella categoria dei vescovi e confessori). In pratica, se non fosse stato per i due concili neppure avremmo saputo dell'esistenza di Gaudioso e di Decoroso. Discorso a parte merita invece Vitaliano, riteniamo noi per meriti propri o comunque per questioni di natura diversa (scoprire quali fossero è uno degli obiettivi del nostro racconto), San Vitaliano divenne oggetto di grande attenzione e di un rilevante culto che supererà gli antichi confini della Longobardia minor per arrivare a Catanzaro, dove ancora oggi è il santo patrono, amato e venerato. Oltre che nei martirologi e calendari vari una fonte rilevante della vita di Vitaliano ci arriva da uno scritto, di dubbia origine, che si è voluto attribuire ad un monaco beneventano. L'attribuzione è dello stesso autore del ritrovamento che indica come possibile datazione l'XI o al massimo il XII secolo. Autore del ritrovamento fu, nel 1760, il cardinale Stefano Borgia, discendente, seppure da rami collaterali, dell'antico e controverso casato dei Borgia.

Stefano Borgia era stato nominato governatore di Benevento, feudo da secoli passato sotto il diretto possesso dello stato pontificio, nel 1759. La Chiesa cattolica oltre al vescovo nominava anche un governatore per l'amministrazione civile di Benevento. Quando nel febbraio del 1798 i francesi di Napoleone occuparono Roma, proclamando la Repubblica, Borgia era il governatore dell'Urbe e per questo venne arrestato; rilasciato, poco dopo venne nominato prefetto della congregazione per la propaganda della fede (incarico recentemente ricoperto dal Cardinale Crescenzio Sepe prima della nomina ad arcivescovo di Napoli) e partecipò al conclave del 1800, dove venne eletto Pio VII, morì a Lione, colto da malore, nel 1804. La morte lo colse in Francia dove si era recato per accompagnare il papa ad incoronare Napoleone che, ironia della sorte, lo aveva fatto imprigionare nel 1798. In quella circostanza Napoleone con gesto teatrale ed inaspettato, durante la solenne funzione all'interno della chiesa di Notredame, strappò la corona dalle mani del papa e si incoronò da solo.

Come sappiamo Napoleone non visse sereno i suoi ultimi giorni, ma probabilmente sarebbe accaduta la stessa cosa anche se fosse stato incoronato direttamente dal papa: non vogliamo alimentare credenze superstiziose benché, è noto, che lo stesso Napoleone fosse fortemente superstioso!

Stefano Borgia venne sepolto a Velletri, città natale, dove tutt'ora giacciono le spoglie. Durante la scoperta del manoscritto la nostra fonte storica locale, Francesco Granata, impegnato, in quegli anni, nella scrittura del libro sulla storia sacra di Capua scrive al cardinale Borgia, all'epoca ancora semplicemente monsignore, per visionare il manoscritto da poco scoperto. Borgia consentì la visione e la pubblicazione dello scritto al vescovo di Sessa Aurunca ed il Granata, come si intuisce dai suoi scritti, decise di pubblicarlo, prendendone implicitamente le distanze. Il Granata verosimilmente aveva compreso, che, come in tanti altri casi frequenti nella storia della chiesa, si trattava di un testo non autentico. Non era la prima volta che venivano diffusi scritti che riguardavano la vita di San Vitaliano, diversi attestavano i natali di San Vitaliano dalle parti di Benevento ed erano quasi tutti scritti confezionati nei monasteri beneventani. Lo scritto venne pubblicato integralmente nel Tomo II del libro dal Granata che, tuttavia, avvertiva i lettori che si trattava di un ritrovamento recente del Borgia senza aggiungere ulteriori commenti o giudizi. Il Granata era vescovo di Sessa Aurunca e certamente non aveva la “forza” di contrastare monsignor Borgia, amministratore di Benevento e sicuramente avviato verso una sfolgorante carriera ecclesiastica.
Da questo testo, così reso noto, apprendiamo alcune notizie agiografiche su San Vitaliano, non riscontrabili in altre fonti. Il testo scritto in latino si intitola, Vita Sancti Vitaliani, civis, et episcopi civitatis Capuae ed è anticipato da un prologo “Prologus in vitam Sancti Vitaliani Episcopi e confessoris”. Nel prologo l'autore avverte che egli nello scrivere la biografia del santo ha prestato massima attenzione “studio atque zelo”, senza alcuna deformazione o invenzione. La narrazione della vita di San Vitaliano inizia precisando che egli era nato e cresciuto (“Capuanae Civitatis editus et nutritus”) come cittadino di Capua, e venne ordinato vescovo “per dei providentiam” dalla stessa cittadina di Capua (“ordinatus est in eadem civitate Episcopus”). Visse l'episcopato in castità e semplicità avendo a cuore la sorte dei poveri con vari esempi di offerte. Allo stesso modo San Vitaliano si è sempre comportato con i sofferenti e gli infermi, cercando di lenire i dolori. Viveva nell'amore del signore privo di qualsiasi segno di odio. In particolare ammoniva i giovani di evitare i piaceri della carne. Tutto questo non poteva sfuggire al diavolo, che è nemico del genere umano, che fomentò i capuani al fine di liberarsi del loro vescovo. Un servo corrotto del vescovo, quando ormai Vitaliano aveva già settanta anni ( “Cum esset iano annorum septuaginta, ut eum dominus probatum sibi inveniret sicut aurum ab igne” ) aveva scambiato gli abiti del vescovo con alcuni vestiti da donna, per cui il sant'uomo, dovendo officiare dei riti nelle prime ore del giorno, quando è ancora poca luce, vestendosi rapidamente, non accorgendosi di quali abiti indossasse, si presentò seduto da donna in chiesa. Venne subito accusato dagli organizzatori della calunnia di fornicazione e di aver dormito con una donna e per questo aveva scambiato gli abiti, nonostante predicasse agli altri costumi rigorosi in questa materia. Venne preso e buttato in mare, dopo essere stato messo in un sacco di cuoio (“miserunt eium in coirum”), ma invece, per opera della Divina Provvidenza, comparve da solo, ramingo (“Ramingans”) e tuttavia sano e salvo al Porto di Roma. Rimase con il Santo Pontefice a Roma per sei mesi e venti giorni perché nel frattempo una grave siccità e carestia aveva colpito Capua e gli stessi capuani compresero che era la punizione divina per aver colpito il loro santo vescovo e si misero alla ricerca del vescovo implorandolo di tornare a Capua. Tornato a Capua, immediatamente, dal cielo scese una pioggia abbondante e cessò la carestia. Tutti videro il segno miracoloso della pioggia e lo invitarono a riprendere l'episcopato. San Vitaliano non intese accettare e se ne andò in un posto chiamato “miliarum” (“venit in locum qui digitur miliarum”) dove visse (“habitavitque”) per diversi anni. Vivendo nella preghiera e praticando diversi “Mirabilia”. Da quel posto risalì un monte che il volgo chiamava “virgo” e dove volle costruire una chiesa “adhibitis” alla “Sancte Dei Genitricis Marie” in quei posti riposò in pace, il 16 luglio (“septimo decimo kalendas di Agustas”) morì. Il luogo dove fu sepolto andò perduto e distrutto per molti anni (“locus ipse dirutus et destructus per multorum annorum curricula esset”) finchè Dio volle che venisse ritrovato. Accadde che, dopo qualche tempo, alcuni pastori mentre pascolavano il gregge per quelle montagne trovarono una lapide funebre di forma circolare, non capirono di cosa si trattasse e continuarono nei giorni seguenti a pascolare le pecore anche vicino la lapide. Una notte, la quiete fu rotta perché ai pastori apparve il viso di San Vitaliano che invitava i pastori a rimuovere la lapide che in quel posto avrebbero trovato il corpo del Santo.(“apparvit eis in visu Sanctus Vitalianus dicens; ite et in loco illo per tot vices lapidem proiecistis cavate et corpus meum illic requirite”). Il Santo chiariva che egli era Vitaliano confessore di Cristo (“ego sum Vitalianus confessor Christi”) che in quel posto ormai giaceva da molti anni. I pastori fecero come avevano sentito e trovarono in un sarcofago il santissimo corpo. La notizia si diffuse ed accorsero tantissime persone. Per via del ritrovamento si decise di edificare una chiesa in onore di San Vitaliano. Sotto la guida del vescovo di Benevento, Giovanni, i resti (“Corpus”) di San Vitaliano vennero collocati all'interno della cittadina beneventana, insieme a molti altri santi (“cum multis aliis Sanctis locavit”). Da quel momento il santo venne venerato soprattutto dai beneventani. Il manoscritto, autentico o falso che fosse termina qui, senza alcuna narrazione poi della vicenda della traslazione a Catanzaro per opera di Papa Callisto II. Di qui l'ipotesi, proposta dal Borgia, che il testo fosse stato scritto in un periodo antecedente al 1120 ovvero al pontificato di Callisto II. Il manoscritto del Borgia sposta l'interesse della diocesi di Benevento verso San Vitaliano, non più per rivendicare i natali che si affermano essere capuani, quanto piuttosto per rivendicare la sepoltura dei resti del santo. Quando comparve il manoscritto erano ormai noto che le spoglie di San Vitaliano avevano compiuto un percorso abbastanza misterioso. Un osso del corpo si trovava incastonato in una teca alla base di una statua a Sparanise, cittadina dell'agro caleno. A Catanzaro la diocesi, intorno al 1583 circa, aveva deciso di aprire il sepolcro dove la tradizione voleva risiedessero i resti mortali del santo per allontanare i dubbi che in realtà non vi fossero resti mortali. Anche a Capua, nella seconda metà del 1700, si era diffusa la notizia che i resti di San Vitaliano potessero essere stati sepolti, in maniera anonima, in uno dei sepolcri presenti nella chiesa di Santa Maria Maggiore: vennero aperti i sepolcri presenti nella chiesa, ma invano. L'autore dell'anonimo manoscritto diffuso dal cardinale Borgia evidentemente conosceva le difficoltà, i dubbi ed a volte i sospetti che aleggiavano intorno alla effettiva sepoltura di San Vitaliano ed alla traslazione dei resti.

L'agiografia di Michele Monaco del 1630


Stabiliti gli aspetti critici del manoscritto beneventano ritrovato dal cardinale Borgia, abbiamo la possibilità di confrontare il racconto dell'anonimo beneventano o pseudo-anonimo con la versione della biografia, anche in questo caso agiografica, di San Vitaliano riportata da Michele Monaco. Sappiamo che il Monaco scrive nel 1630 e l'opera era stata supervisionata dal Cardinale
Roberto Bellarmino, uomo dotto e raffinato e di cultura elevata, che, essendo stato vescovo di Capua, aveva immediatamente messo ordine alle questioni storiche e teologiche legate alla sua diocesi. A riprova di questo lo stesso Granata, sempre nell'appendice del suo lavoro (il tomo II), pubblica a pagina 165 la cronotassi dei vescovi di Capua redatta direttamente dal Cardinale Bellarmino. Il Bellarmino nella sua cronotassi dei vescovi indica San Vitaliano, senza alcuna annotazione biografica, semplicemente l'indicazione del Martirologio Romano ed il breviario Capuano, al 16 luglio, non come successore di San Decoroso, ma come predecessore ipotizzando quindi che la sua elezione a vescovo di Capua fosse antecedente al 680, anno in cui sappiamo Decoroso prese parte e firmò gli atti del concilio di Roma. Secondo la serie di Bellarmino a succedere a Decoroso sarebbe stato Teodoro nel 787,perdendosi dunque traccia per circa un secolo dei vescovi successori di Decorso. Alcuna spiegazione viene data dal Bellarmino a questo fenomeno e neppure sappiamo se la vacanza della cattedra di Capua per così tanti anni fosse dovuta a qualche evento particolare, semmai legata all'episodio, certamente clamoroso per l'epoca, della rinuncia all'episcopato del vescovo Vitaliano. Bellarmino era uno dei principali teorici delle idee alla base della controriforma ed è probabile che in quegli anni le vicende, più equivoche per la chiesa, avessero subito una sorta di cassazione per evitare di alimentare le ormai galoppanti proposte riformatrici provenienti dall'Europa centrale. Bellarmino inoltre indica come oscure le date relative all'episcopato di San Vitaliano e dei tre suoi predecessori, rispettivamente in ordine San Paolino, Rodalberto, e San Rufino. Michele Monaco racconta la vicenda agiografica di San Vitaliano quasi usando le stesse parole dell'anonimo beneventano (il libro è scritto in latino) ed è la versione tramandata a Capua dalla tradizione orale senza alcuna indicazione storica di riferimento[1]. Questo potrebbe lasciar presumere che le due versioni siano state, in qualche modo, influenzate l'una dall'altra. La versione del Monaco (pag. 39 del Santuaria) differisce nella parte finale. Qui la storia è che Vitaliano tornato a Capua e, dopo aver compiuto il miracolo della fine della siccità e della carestia, resta in carica come vescovo sino a quando, vedendosi avvicinare la fine dei suoi giorni, decide di ritirarsi alla sommità del monte per meglio prepararsi al trapasso, il monte veniva chiamato Virgilio[2] dal volgo ed in quel posto San Vitaliano costruì una chiesa per la “Sanctae Dei Genitricis Marie” (da notare che in Monaco è presente il dittongo ae in Sanctae a differenza della versione dell'anonimo che è Sancte, senza dittongo, chiaramente errato in latino). In quel luogo riposò in pace e segue l'indicazione della data della morte che è appunto il 16 luglio. Dopo aver riportato il racconto della vita di San Vitaliano secondo la tradizione orale capuana, Monaco - in maniera scrupolosa nelle annotazioni successive al racconto - chiarisce di aver conosciuto anche altre versioni, la prima (indicata dallo stesso Monaco) riguarda una biografia, scritta in italiano dal vescovo di Vico Equense, Paolo Regio, e pubblicata nel 1584. Monaco poi annota, che, avendo avuto conoscenza che qualche nuova notizia su San Vitaliano poteva essere attinta dall'arcidiacono beneventano Mario Vipera, aveva scritto al collega sannita per il tramite di un suo patrono (“Patrono meo singulari”) Muzio Vespasiano, arcivescovo vicario di Capua. Dal Vipera aveva ottenuto come risposta che in un non (meglio) precisato, antico codice longobardo, conservato in Benevento nel monastero di San Vittorino si trovava scritto[3]dell'azione del beato padre Giovanni arcivescovo (“Antistes”) che aveva traslato i resti di San Vitaliano da Monte Vergine a Benevento e precisamente nella chiesa della Beata Vergine. Negli stessi giorni in cui Michele Monaco stava redigendo il suo lavoro sulle cose sacre della diocesi di Capua, anche Mario Vipera (anche conosciuto come Mario della Vipera) stava realizzando un proprio lavoro sulle cose sacre della diocesi di Benevento, di cui il Vipera era arcidiacono. Forse anche per questo Vipera trasmette al Monaco solo un piccolo testo in latino del manoscritto che invece pubblicherà egli stesso all'interno del testo pubblicato nel 1636[4]. Il Monaco, con spirito critico, chiarisce che il testo ricevuto dal Vipera presenta dei problemi perché il beato Giovanni, arcivescovo di Benevento, fu l'immediato successore di San Barbato, che secondo la serie dei vescovi del cd.”Monumento di Benevento” morì nel 682, mentre il beato Giovanni nel 716. San Vitaliano era stato successore di San Decoroso sulla cattedra di Capua e San Barbato e San Decoroso avevano entrambi sottoscritto il concilio lateranense del 680. Quindi verosimilmente il beato Giovanni era morto prima di San Vitaliano. Per questo il Monaco, pur dando atto del documento che gli era pervenuto e pubblicandolo, non trae spunto dall'anonimo Longobardo segnalato dal Vipera. Insomma, in buona sostanza, la fonte unica citata e dichiarata dal Monaco del racconto agiografico su San Vitaliano oltre alla tradizione orale, è il racconto di Paolo Regio pubblicato nel 1584. Il vescovo di Vico Equense aveva da poco saputo che a Catanzaro, dove San Vitaliano era patrono e dove le tradizioni - senza alcuna documentazione - attestavano la traslazione di San Vitaliano a far data dal 1120 per opera e volontà di papa Callisto II dalla Campania, si era aperto il sepolcro di San Vitaliano per una verifica. Paolo Regio con il chiaro intento di risollevare le sorti della tipografia vicana, di cui parleremo a breve, consegna alle stampe la vita dei tre santi traslati a Catanzaro: San Vitaliano, Sant'Irneo e San Fortunato. Il Regio coglieva a volo l'occasione perché a Catanzaro era scoppiato un caso relativo all'effettività delle reliquie presenti nella cattedrale e si erano diffuse voci che i santi o il santo di cui si vedeva il sepolcro non fosse reale o comunque non fosse San Vitaliano.

[1] Questo il link direttamente alla pagina dedicata a San Vitaliano del testo di Michele Monaco, scritto in latino https://archive.org/details/sanctuariumcapua00mona/page/36/mode/2up


[2] Secondo alcune tradizioni locali pare che il nome originario di monte virgiliano fosse dovuto effettivamente al poeta di Roma antica che conosceva il luogo e lo apprezzava particolarmente


[3] pagina 41 del già citato testo del Monaco :” Habens haec verba : Betus Pater Ioannes Antistes Beneventanus corpus S. Vitaliani Episcopi Capuani a collabente Ecclesia Montis Virginis Beneventum transulit et in Ecclesia Beata Mariae Verginis cum multiis aliis Sanctis locavit”


[4] Il libro di Mario Vipera , Marii de Vipera in latino, intitolato cronologia dei vescovi e degli aricivescovi della chiesa metropolita di Benevento è liberamente usufruibile online al seguente indirizzo https://archive.org/details/bub_gb_cl3G1i7EKY8C/page/n3/mode/2up





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