Il Calice di San Vitaliano: Storia e culto di un santo patrono
18-07-2022 13:38 - Libri
Il libro è in vendita su amazon.it in tre diversi formati: ebook, versione cartacea economica e con copertina rigida.
di seguito l'introduzione del libro
La curiosità di conoscere e rintracciare notizie storiche certe sulla figura e sul culto di San Vitaliano, patrono di Catanzaro, di Sparanise (in provincia di Caserta) e di San Vitaliano (in provincia di Napoli) è stato il punto di partenza che ha determinato un lungo ed affascinante viaggio. Nell'esaminare le fonti storiche ci siamo accorti, evidenziandolo, che esistono diversi aspetti enigmatici intorno alla figura del Santo. Un vero e proprio mistero che ci ha portato in un viaggio lungo tutto il medioevo. Nel viaggio abbiamo incontrato diversi personaggi che hanno avuto una parte nella nostra storia, alcuni sono stati successori di San Vitaliano sulla cattedra di Capua come il cardinale Roberto Bellarmino (canonizzato nel 1930), altri invece hanno segnato un epoca come Giovanni Paolo II, l'ultimo papa a visitare l'antica diocesi di Capua (Vetere) che pure volle lasciare un messaggio teologico non secondario e, forse, legato al pensiero del santo vescovo di Capua. Studiosi, musicisti, poeti, pittori, frati che nel corso dei secoli hanno contribuito ad alimentare racconti, miti e leggende. Una storia da raccontare e che consente incontri con luoghi scomparsi e ritrovati di recente, come il monastero di San Vincenzo al Volturno che deve la sua esistenza a Carlo Magno. Una antica chiesa anch'essa intitolata a San Vincenzo sede del monastero in “esilio” a Capua ed un misterioso segno della mano che, forse, indica il segno della croce “alla greca”.
Fonti storiche frutto della passione di grandi personaggi come un filologo inglese dell'inizio del ‘900 , sir Lowe (nato in Russia da famiglia ebrea e trasferitosi in Inghilterra prima della rivoluzione comunista) che aveva tre figlie, una di esse è madre dell'attuale premier britannico Boris Johnson, oppure l'archeologo Giovan Battista de Rossi, che talmente credeva nei propri studi che partendo da alcune, poco conosciute, fonti storiche arrivò a scoprire le catacombe di San Callisto. Un Callisto è presente anche nella nostra storia ed è il papa che con il nome di Callisto II trasferì i resti di San Vitaliano, insieme ad altri due santi, nel 1122 a Catanzaro, dove il nostro Santo è venerato come patrono. Senza trascurare il mistero intorno ai resti mortali del Santo che hanno sempre alimentato dubbi fino ad arrivare ad una ricerca in varie chiese compresa quella di Santa Maria Maggiore di Capua Vetere (ricerca effettuata nel 1760). Nella cittadina calena (una delle cittadine erede dell'antica Cales) di Sparanise intorno all'anno 1000 venne edificata una chiesa “vocabula sancti Vitaliani”. Nel 1658 i fedeli costruirono una statua lignea dove, alla base, sono incastonati alcuni resti mortali che, secondo la tradizione riportata da fonti storiche locali, sarebbe un osso della coscia del Santo. Ancora nel 1630 un canonico capuano avvertiva come non si sapesse con precisione che fine avessero fatto le spoglie di San Vitaliano. La morte probabilmente lo colse a Montevergine, ed è sicura la traslazione dei resti mortali da quel monastero anche per via del fatto che Guglielmo da Vercelli, santo perché riconosciuto fondatore del monastero irpino, nel 1124 costruì quella che, secondo la sua versione, sarebbe stata la prima chiesa della Beata Vergine, cancellando qualsiasi traccia del predecessore capuano. Eppure il legame con Capua Vetere è ancora presente in quei luoghi, a mille metri di altezza, tanto che nella cripta insieme al citato Guglielmo da Vercelli si conservano ancora, in sarcofaghi, i resti di due santi vescovi di Capua: San Vittore e San Prisco. San Prisco è l'apostolo fuggito dalla Palestina dopo la crocifissione di Gesù di Nazareth incaricato direttamente da San Pietro di edificare la diocesi di Capua Antica, era il padrone della casa dove avvenne l'ultima cena di Gesù insieme ai dodici. Cenacolo mirabilmente rappresentato da Leonardo Da Vinci al centro del fortunato romanzo dello scrittore americano Dan Brown che aveva immaginato potesse svelare il mistero del Santo Graal, un antico calice dove si sarebbe conservato il sangue di Gesù crocifisso. La fortuna del romanzo ha dato origine ad una serie di studi sul Graal che hanno consentito di chiarire come l'immagine stessa del calice rappresenti il segno, soprattutto nel Medioevo, di un contenitore idoneo a custodire un mistero. Una sorta di scrigno da conservare per preservare il mistero contenuto all'interno. La stessa liturgia ecclesiastica ufficiale nel celebrare, durante la funzione della messa, il mistero dell'eucarestia custodisce “il corpo di Cristo” all'interno di un calice. Proprio un calice è al centro dello stemma di Sparanise con due bisce o vipere, sacre per i longobardi prima della loro conversione, sormontate da tre stelle. Le stelle simbolo delle costellazioni, già presenti nel culto mitralico ben radicato a Capua Vetere nei primi secoli dopo Cristo, sono anche rappresentate da una divinità pagana, denominata Espero, il cui tempio uno studioso del XVII secolo aveva rintracciato come esistente nell'attuale Sparanise proprio nel luogo dove venne edificata la chiesa di San Vitaliano, unica chiesa edificata in onore del Santo dopo la sua morte nelle vicinanze dell'antica diocesi. Questo studioso, il Natali, aveva ipotizzato che lo stesso nome di Sparanise, in uso dal 1600 circa, derivasse proprio dal tempio di Espero. Esperanensis indicava gli abitanti di quei luoghi, poi divenuto nella vulgata Sparanisi e poi Sparanise. La vicenda sul finire nel 1700 originò una simpatica disputa con uno storico locale, il canonico Mattia Zona, che avendo in passato ipotizzato l'origine del nome Sparanise, dall'incontro di due vocaboli longobardi Sparas (fortificazione, cinta di boschi) e nisi (luogo), nel contestare la versione di Natali, dava atto che, ancora nel 1792, accanto alla chiesetta di San Vitaliano, sita “nel terreno del Santo” - come era chiamata la zona di Sparanise corrispondente all'odierna zona dove esiste la chiesetta - era presente un vecchio cippo di antica fattura che il Natali credeva antica vestigia del Tempio di Espero e Mattia Zona antico resto di una costruzione Longobarda preesistente o comunque coeva con la chiesetta. Oggi della vecchia vestigia non vi è più traccia come non vi è traccia della chiesetta di San Vitaliano che - distrutta dagli americani nel settembre del 1943 (apparentemente senza motivo) durante un bombardamento - è stata ricostruita nel 1960 ed alcuni autorevoli testimoni ricordano come i resti delle mura della vecchia chiesa, orientata come quella attuale, erano presenti più a valle di quella esistente. A Sparanise resta lo stemma con il calice sormontato da tre stelle ed ornato di due bisce. Calice che conserva intatti i suoi misteri non avendo alcuno sino ad oggi ben chiarito le ragioni dell'antico stemma. Forse è legato alla custodia dei resti di San Vitaliano? Recentamente alcuni lavori pubblici nella zona della chiesetta hanno alimentato la curiosità degli storici locali, e se sotto la chiesetta fosse presente una cripta - “ il calice “ - di San Vitaliano? Tutto questo e molto altro ancora abbiamo raccontato con fini divulgativi, ma con il piglio dello storico, avvertendo, che chi scrive non ha i titoli accademici dello storico, ma solo una forte passione: in fondo la ricerca di storia locale è un atto di amore per la propria terra. Il protagonista della nostra storia è Vitaliano, vescovo di Capua, santo venerato dalla Chiesa cattolica di Roma, patrono di Catanzaro, di San Vitaliano, Comune in provincia di Napoli e di Sparanise, Comune in provincia di Caserta. E' la storia che verosimilmente può essere comune a tanti altri patroni dei comuni dell'Europa cattolica. Dove si è sviluppato un culto, a volte anche indipendentemente dalla volontà della stessa chiesa ufficale, un culto così forte da legare il nome del Santo a quella della cittadina. D'altra parte non è semplice spiegare l'affermazione di un culto in una determinata comunità. Si sviluppa per tanti motivi e non sono sempre tutti motivi legati alla specifica storia di quel territorio. Il nostro viaggio parte da questo fatto concreto e può essere adattato, mutatis mutandis, per qualsiasi comunità territoriale. Come mai tre distinti comuni, che hanno tradizioni storiche diverse, anche distanti geograficamente, hanno tutti e tre lo stesso Santo Patrono? Il punto di partenza del nostro viaggio è questo, ma possiamo anticipare che quando saremo arrivati al termine del viaggio, alla fine di questo libro, tante saranno le storie, gli uomini e le vicende, incontrate nel percorso che tutto ci apparirà con un significato diverso, almeno questo è l'ambiziosa speranza. Come ogni viaggio storico che voglia avere la pretesa di essere credibile è necessario partire dalle fonti storiche. Possono sembrare, al lettore poco incline ai linguaggi accademici, non entusiasmanti, ma nel nostro caso ogni fonte storica è stata oggetto d'incontri importanti, a volte per ragione dell'autore, a volte per comprenderne bene la datazione e l'attendibilità. Per questo il viaggio può avere inizio e partire proprio dalle fonti storiche originali. Il libro è stato scritto nella difficile epoca della pandemia dovuta al coronavirus, non era possibile muoversi, unico ausilio la rete internet. Abbiamo allora dato un ulteriore senso al nostro lavoro, quello di documentare e di rintracciare le fonti storiche ed abbiamo fatto un'altra scoperta. Tutto il materiale raccolto, spesso libri antichissimi, sono reperibili, gratuitamente, nella rete. Spesso è possibile ammirare l'edizione originale, gli antichi manoscritti, stando seduti comodamente davanti al personal computer e per questo in calce al libro il lettore troverà una “sitografia” in luogo di una tradizionale bibliografia che raggruppa tutti i testi storici e le fonti citate e consultate, il link comunque è indicato ogni volta che è stato necessario per maggiore comodità nelle note oppure direttamente nel testo.
Fonti storiche frutto della passione di grandi personaggi come un filologo inglese dell'inizio del ‘900 , sir Lowe (nato in Russia da famiglia ebrea e trasferitosi in Inghilterra prima della rivoluzione comunista) che aveva tre figlie, una di esse è madre dell'attuale premier britannico Boris Johnson, oppure l'archeologo Giovan Battista de Rossi, che talmente credeva nei propri studi che partendo da alcune, poco conosciute, fonti storiche arrivò a scoprire le catacombe di San Callisto. Un Callisto è presente anche nella nostra storia ed è il papa che con il nome di Callisto II trasferì i resti di San Vitaliano, insieme ad altri due santi, nel 1122 a Catanzaro, dove il nostro Santo è venerato come patrono. Senza trascurare il mistero intorno ai resti mortali del Santo che hanno sempre alimentato dubbi fino ad arrivare ad una ricerca in varie chiese compresa quella di Santa Maria Maggiore di Capua Vetere (ricerca effettuata nel 1760). Nella cittadina calena (una delle cittadine erede dell'antica Cales) di Sparanise intorno all'anno 1000 venne edificata una chiesa “vocabula sancti Vitaliani”. Nel 1658 i fedeli costruirono una statua lignea dove, alla base, sono incastonati alcuni resti mortali che, secondo la tradizione riportata da fonti storiche locali, sarebbe un osso della coscia del Santo. Ancora nel 1630 un canonico capuano avvertiva come non si sapesse con precisione che fine avessero fatto le spoglie di San Vitaliano. La morte probabilmente lo colse a Montevergine, ed è sicura la traslazione dei resti mortali da quel monastero anche per via del fatto che Guglielmo da Vercelli, santo perché riconosciuto fondatore del monastero irpino, nel 1124 costruì quella che, secondo la sua versione, sarebbe stata la prima chiesa della Beata Vergine, cancellando qualsiasi traccia del predecessore capuano. Eppure il legame con Capua Vetere è ancora presente in quei luoghi, a mille metri di altezza, tanto che nella cripta insieme al citato Guglielmo da Vercelli si conservano ancora, in sarcofaghi, i resti di due santi vescovi di Capua: San Vittore e San Prisco. San Prisco è l'apostolo fuggito dalla Palestina dopo la crocifissione di Gesù di Nazareth incaricato direttamente da San Pietro di edificare la diocesi di Capua Antica, era il padrone della casa dove avvenne l'ultima cena di Gesù insieme ai dodici. Cenacolo mirabilmente rappresentato da Leonardo Da Vinci al centro del fortunato romanzo dello scrittore americano Dan Brown che aveva immaginato potesse svelare il mistero del Santo Graal, un antico calice dove si sarebbe conservato il sangue di Gesù crocifisso. La fortuna del romanzo ha dato origine ad una serie di studi sul Graal che hanno consentito di chiarire come l'immagine stessa del calice rappresenti il segno, soprattutto nel Medioevo, di un contenitore idoneo a custodire un mistero. Una sorta di scrigno da conservare per preservare il mistero contenuto all'interno. La stessa liturgia ecclesiastica ufficiale nel celebrare, durante la funzione della messa, il mistero dell'eucarestia custodisce “il corpo di Cristo” all'interno di un calice. Proprio un calice è al centro dello stemma di Sparanise con due bisce o vipere, sacre per i longobardi prima della loro conversione, sormontate da tre stelle. Le stelle simbolo delle costellazioni, già presenti nel culto mitralico ben radicato a Capua Vetere nei primi secoli dopo Cristo, sono anche rappresentate da una divinità pagana, denominata Espero, il cui tempio uno studioso del XVII secolo aveva rintracciato come esistente nell'attuale Sparanise proprio nel luogo dove venne edificata la chiesa di San Vitaliano, unica chiesa edificata in onore del Santo dopo la sua morte nelle vicinanze dell'antica diocesi. Questo studioso, il Natali, aveva ipotizzato che lo stesso nome di Sparanise, in uso dal 1600 circa, derivasse proprio dal tempio di Espero. Esperanensis indicava gli abitanti di quei luoghi, poi divenuto nella vulgata Sparanisi e poi Sparanise. La vicenda sul finire nel 1700 originò una simpatica disputa con uno storico locale, il canonico Mattia Zona, che avendo in passato ipotizzato l'origine del nome Sparanise, dall'incontro di due vocaboli longobardi Sparas (fortificazione, cinta di boschi) e nisi (luogo), nel contestare la versione di Natali, dava atto che, ancora nel 1792, accanto alla chiesetta di San Vitaliano, sita “nel terreno del Santo” - come era chiamata la zona di Sparanise corrispondente all'odierna zona dove esiste la chiesetta - era presente un vecchio cippo di antica fattura che il Natali credeva antica vestigia del Tempio di Espero e Mattia Zona antico resto di una costruzione Longobarda preesistente o comunque coeva con la chiesetta. Oggi della vecchia vestigia non vi è più traccia come non vi è traccia della chiesetta di San Vitaliano che - distrutta dagli americani nel settembre del 1943 (apparentemente senza motivo) durante un bombardamento - è stata ricostruita nel 1960 ed alcuni autorevoli testimoni ricordano come i resti delle mura della vecchia chiesa, orientata come quella attuale, erano presenti più a valle di quella esistente. A Sparanise resta lo stemma con il calice sormontato da tre stelle ed ornato di due bisce. Calice che conserva intatti i suoi misteri non avendo alcuno sino ad oggi ben chiarito le ragioni dell'antico stemma. Forse è legato alla custodia dei resti di San Vitaliano? Recentamente alcuni lavori pubblici nella zona della chiesetta hanno alimentato la curiosità degli storici locali, e se sotto la chiesetta fosse presente una cripta - “ il calice “ - di San Vitaliano? Tutto questo e molto altro ancora abbiamo raccontato con fini divulgativi, ma con il piglio dello storico, avvertendo, che chi scrive non ha i titoli accademici dello storico, ma solo una forte passione: in fondo la ricerca di storia locale è un atto di amore per la propria terra. Il protagonista della nostra storia è Vitaliano, vescovo di Capua, santo venerato dalla Chiesa cattolica di Roma, patrono di Catanzaro, di San Vitaliano, Comune in provincia di Napoli e di Sparanise, Comune in provincia di Caserta. E' la storia che verosimilmente può essere comune a tanti altri patroni dei comuni dell'Europa cattolica. Dove si è sviluppato un culto, a volte anche indipendentemente dalla volontà della stessa chiesa ufficale, un culto così forte da legare il nome del Santo a quella della cittadina. D'altra parte non è semplice spiegare l'affermazione di un culto in una determinata comunità. Si sviluppa per tanti motivi e non sono sempre tutti motivi legati alla specifica storia di quel territorio. Il nostro viaggio parte da questo fatto concreto e può essere adattato, mutatis mutandis, per qualsiasi comunità territoriale. Come mai tre distinti comuni, che hanno tradizioni storiche diverse, anche distanti geograficamente, hanno tutti e tre lo stesso Santo Patrono? Il punto di partenza del nostro viaggio è questo, ma possiamo anticipare che quando saremo arrivati al termine del viaggio, alla fine di questo libro, tante saranno le storie, gli uomini e le vicende, incontrate nel percorso che tutto ci apparirà con un significato diverso, almeno questo è l'ambiziosa speranza. Come ogni viaggio storico che voglia avere la pretesa di essere credibile è necessario partire dalle fonti storiche. Possono sembrare, al lettore poco incline ai linguaggi accademici, non entusiasmanti, ma nel nostro caso ogni fonte storica è stata oggetto d'incontri importanti, a volte per ragione dell'autore, a volte per comprenderne bene la datazione e l'attendibilità. Per questo il viaggio può avere inizio e partire proprio dalle fonti storiche originali. Il libro è stato scritto nella difficile epoca della pandemia dovuta al coronavirus, non era possibile muoversi, unico ausilio la rete internet. Abbiamo allora dato un ulteriore senso al nostro lavoro, quello di documentare e di rintracciare le fonti storiche ed abbiamo fatto un'altra scoperta. Tutto il materiale raccolto, spesso libri antichissimi, sono reperibili, gratuitamente, nella rete. Spesso è possibile ammirare l'edizione originale, gli antichi manoscritti, stando seduti comodamente davanti al personal computer e per questo in calce al libro il lettore troverà una “sitografia” in luogo di una tradizionale bibliografia che raggruppa tutti i testi storici e le fonti citate e consultate, il link comunque è indicato ogni volta che è stato necessario per maggiore comodità nelle note oppure direttamente nel testo.
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