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Sentenza del Tar Campania in materia di rinnovo del porto d'armi: irrilevanza della sentenza penale di prescrizione per fatti comunque di minore gravità.

30-07-2021 10:49 - Diritto
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Con la sentenza in commento il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania di Napoli, sezione 8, torna ad occuparsi della spinosa e dibattuta questione del rilascio del porto d’armi, sia per difesa personale che uso caccia o per fini sportivi, in pendenza di procedimenti penali o di nuove circostanze di fatto che impongano alla Pubblica Amministrazione di revocare una precedente licenza.

A mente dell’art. 21 quinquies l. 7 agosto 1990 n. 241, introdotto dall’art. 14 l. 11 febbraio 2005 n. 15 tre sono i presupposti che, in via alternativa, legittimano l’adozione di un provvedimento di revoca di un provvedimento amministrativo ad efficacia durevole da parte dell’autorità emanante ovvero da altro organo previsto dalla legge, cioè sopravvenuti motivi di pubblico interesse, mutamento della situazione di fatto e nuova valutazione dell’interesse pubblico originario.( C. Stato, sez. IV, 08-05-2013, n. 2485). In questo contesto il Tar Campania con la sentenza numero 5003/2021 emessa il 19/07/2021 dalla Sezione 8, chiarisce come nell’ipotesi della pendenza di un procedimento penale a carico del titolare di un porto d’armi la PA deve necessariamente valutare : a)la risalenza del precedente contestato; b) la intervenuta definizione in sede penale in senso di sostanziale assoluzione; c) la rilevanza del precedente; d) l’eventuale valutazione in sede di rinnovo dell’autorizzazione del precedente;

In particolare - spiegano i giudici amministrativi napoletani - un fatto storico, che ha originato un procedimento penale ( nel caso di specie si trattava di una violazione del T.U. in materia di armi legato alla custodia dell’arma legittimamente detenuta), risalente nel tempo non può spiegare effetti negativi, in sede di rinnovo del porto d’armi, soprattutto in considerazione della presenza di rinnovi successivi all’insorgere del procedimento penale o comunque del deferimento all’Autorità Giudiziaria dell’interessato.
Allo stesso modo non tutti i procedimenti penali pendenti sono ostativi al rilascio di licenze ed autorizzazioni al porto d’armi dovendo l’amministrazione valutare, soprattutto in ipotesi di mancanza di un giudicato penale, la rilevanza del precedente di polizia oggetto del procedimento penale. In disparte i casi di gravità del fatto, nella prassi giudiziaria, spesso si assiste a vicende di modesta offensività della sicurezza pubblica e che tuttavia configurano fattispecie di reato, anche di natura contravvenzionale. In tutti questi casi - come era accaduto nel caso all’esame del TAR di Napoli - la semplice pendenza o anche imputazione per reati di scarso allarme sociale, puniti con pene detentive minime o con la sola ammenda, non può rappresentare l’unico motivo per denegare il rinnovo di un’autorizzazione in precedenza concessa allo stesso soggetto. Occorre, per legittimare il diniego, che la PA produca un percorso motivazionale che stabilisca una diretta correlazione tra l’ipotesi di reato contestata in sede penale e l’interesse pubblico tutelato in termini di pericolosità sociale sopraggiunta per effetto dei fatti nuovi venuti a conoscenza dell’Autorità amministrativa. Allo stesso tempo insignificante, se priva di motivazione, è anche la conclusione del procedimento penale in termini di prescrizione intervenuta in primo grado e senza istruttoria, ma per il semplice decorso del tempo con conseguente neutralità della relativa sentenza penale che dichiara il non doversi procedere per intervenuta prescrizione. Sulla base di queste motivazioni il Tar Campania ha annullato, emettendo sentenza direttamente in sede di sospensiva senza necessità del merito, un provvedimento di diniego del rinnovo del porto d’armi uso caccia che era stato motivato dalla pendenza del procedimento penale e dalla conclusione del procedimento penale non con un sentenza assolutoria, ma con una sentenza di prescrizione, accogliendo totalmente un ricorso patrocinato dall’Avv. Salvatore Piccolo. La sentenza, caso rarissimo, ha anche condannato la PA alla refusione delle spese processuali che, notoriamente, innanzi al TAR non sono certamente esigue.




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