Le Sezioni unite hanno chiarito che il limite all'aumento di pena di cui all'art. 99 co. 6 c.p. non influisce sulla qualificazione della recidiva come circostanza a effetto speciale né incide sui termini di prescrizione del reato.
15-12-2022 11:42 - Diritto
C
on la sentenza numero 30046 del 2022 la Suprema Corte a Sezioni Unite chiarisce definitivamente la questione relativa alla determinazione del termine di prescrizione qualora sia contestata e ritenuta una recidiva qualificata. In particolare il quesito riguardava il limite dell'aumento della pena correlato al riconoscimento della recidiva qualificata previsto dall'art.99, sesto comma, c.p. come circostanza ad effetto speciale e/o influisca sulla determinazione del termine di prescrizione.
Orientamento maggioritario
Prima della sentenza in commenta erano presenti due orientamenti. Il primo, nettamente maggioritario, stabiliva che il computo del termine di prescrizione va commisurato tenendo conto dell'aumento massimo di pena previsto per la recidiva qualificata, ma con il limite previsto dall'art.9, sesto comma, in base al quale l'aumento per la recidiva non può superare il cumulo delle pene inflitte con le precedenti condanne. (Sez 6 numero 51049 del 07/07/2015). Secondo l'orientamento in parola la contestazione di una recidiva (aggravata, pluriaggravata o reiterata nelle forme previste rispettivamente dal secondo, terzo e quarto comma dell'art.99 c.p.) comporta che di tale circostanza, parificabile a quelle ad effetto speciale, si debba tener conto ai fini del computo del termine di prescrizione ai sensi dell'art.157 c.p.. Tuttavia l'esistenza della disposizione dettata dal sesto comma dell'art.99 c.p., che fissa un limite quantitativo alla commisurazione della pena, incide anche sul computo del termine di prescrizione, imponendo di tener conto, anche a tali fini, degli effetti mitigatori dettati da tale norma: in pratica, tra l'incremento della pena base individuata per il reato più grave nella misura massima stabilita per ciascuna forma di recidiva qualificata ed il limite derivante dal cumulo delle pene risultanti dalle preceedenti condanne, il giudice non può che applicare, per il generale principio del favor rei, la disposizione più favorevole all'imputato; così riconoscendo prevalenza, ai fini del computo del termine minimo di prescrizione di ciascun reato, al criterio del “tetto” di pena riveniente dalle condanne precedenti, destinato ad operare in deroga al principio dell'aumento proporzionale della pena base previsto per le singole specie di recidiva dall'art.99 c.p.
Orientamento minoritario
Un diverso orientamento invece stabiliva che la recidiva non può essere considerata una circostanza ad effetto speciale nel caso in cui il concreto aumento di pena applicato, per effetto del criterio mitigatore previsto dall'art.99, sesto comma c.p., sia pari o inferiore ad un terzo, in quanto ai sensi dell'art.63 terzo comma c.p.sono circostanze aggravanti ad effetto speciale solo quelle che determinano un aumento della pena superiore ad un terzo. (Sez 3 n.34949 del 03/11/2020 S., rv.280504-02). Seguendo tale orientamento laddove il giudice sia chiamato a computare il termine di prescrizione di un reato aggravato da circostanze ad effetto speciale e circostanza indipendenti, queste ultime possono essere assimilate alle prime solo quando comportino un aumento della superiore ad un terzo, tali non devono essere considerate le recidive qualificate che, per effetto del criterio mitigatore di cui all'art.99 sesto comma, dovessero deteminare un aumento della pena pari o inferiore ad un terzo.
La soluzione delle Sezioni Unite.
Il supremo consesso parte dalla contestazione che nessuno dei due orientamenti esaminati mette in discussione al natura della recidiva con circostanza aggravante ad effetto speciale quando essa determinazione l'aumento della pena in misura superiore ad un terzo. La vera questione è determinare cosa accade quando, per effetto dell'applicazione del criterio mitigatore dell'art.99 sesto comma, l'aumento di pena dovesse risultare pari o minore di un terzo. L'articolo 99 sesto comma prevede che “in nessun caso l'aumento di pena per effetto della recidiva può superare il cumulo delle pene risultanti dalle condanne precedenti alla commissione del nuovo delitto non colposo”. Anche quando il criterio mitigatore dovesse determinare un aumento pari o inferiore ad un terzo la recidiva non perde la qualità di circostanza aggravante ad effetto speciale. Rileva a tal fine la potenzialità, anche astratta, a poter determinare l'aumento di pena superiore ad un terzo che secondo l'art.63 c.p. qualifica la circostanza aggravante come ad effetto speciale.
Ai fini del calcolo del termine prescrizionale l'art.157 del codice penale nel precisare i criteri da seguire per il computo del “tempo necessario a prescrivere”, impone senza riserve di tenere conto “dell'aumento massimo di pena previsto per l'aggravante” speciale o ad effetto speciale. Nel caso di contestazione di una recidiva qualificata (aggravata, pluriaggravata, o reiterata) sembrerebbe che l'aumento della pena base, ai fini del computo del termine di prescrizione, debbe essere sempre operato con l'incremento massimo stabilito dall'art. 99 c.p., ovvero della metà nel caso di recidiva aggravata, pluriaggravata o reiterata semplice e di due terzi nel caso di recidiva pluriaggravata reiterata. In questo senso il criterio moderato del sesto comma dell'art. 99 non avrebbe alcuna incidenza. In effetti già nel momento conclusivo del processo il giudice deve valutare caso per caso se la sussiste una relazione qualificata tra i precedenti penali dell'imputato ed il fatto di reato della nuova condanna con la conseguenza che la circostanza perde ogni suo rilievo anche ai fini del computo della prescrizione. Per la Suprema Corte il principio di diritto è dunque che “il limite dell'aumento di cui alla previsione dell'art.99 sesto comma, non rileva in ordine alla qualificazione della recidiva , come prevista dal secondo e quarto comma del predetto articolo, quale circostanza ad effetto speciale e non influisce sui termini di prescrizione del reato determinati dagli articoli 157 e 161 c.p.p. come modificati dalla legge 251 del 2005.”
Orientamento maggioritario
Prima della sentenza in commenta erano presenti due orientamenti. Il primo, nettamente maggioritario, stabiliva che il computo del termine di prescrizione va commisurato tenendo conto dell'aumento massimo di pena previsto per la recidiva qualificata, ma con il limite previsto dall'art.9, sesto comma, in base al quale l'aumento per la recidiva non può superare il cumulo delle pene inflitte con le precedenti condanne. (Sez 6 numero 51049 del 07/07/2015). Secondo l'orientamento in parola la contestazione di una recidiva (aggravata, pluriaggravata o reiterata nelle forme previste rispettivamente dal secondo, terzo e quarto comma dell'art.99 c.p.) comporta che di tale circostanza, parificabile a quelle ad effetto speciale, si debba tener conto ai fini del computo del termine di prescrizione ai sensi dell'art.157 c.p.. Tuttavia l'esistenza della disposizione dettata dal sesto comma dell'art.99 c.p., che fissa un limite quantitativo alla commisurazione della pena, incide anche sul computo del termine di prescrizione, imponendo di tener conto, anche a tali fini, degli effetti mitigatori dettati da tale norma: in pratica, tra l'incremento della pena base individuata per il reato più grave nella misura massima stabilita per ciascuna forma di recidiva qualificata ed il limite derivante dal cumulo delle pene risultanti dalle preceedenti condanne, il giudice non può che applicare, per il generale principio del favor rei, la disposizione più favorevole all'imputato; così riconoscendo prevalenza, ai fini del computo del termine minimo di prescrizione di ciascun reato, al criterio del “tetto” di pena riveniente dalle condanne precedenti, destinato ad operare in deroga al principio dell'aumento proporzionale della pena base previsto per le singole specie di recidiva dall'art.99 c.p.
Orientamento minoritario
Un diverso orientamento invece stabiliva che la recidiva non può essere considerata una circostanza ad effetto speciale nel caso in cui il concreto aumento di pena applicato, per effetto del criterio mitigatore previsto dall'art.99, sesto comma c.p., sia pari o inferiore ad un terzo, in quanto ai sensi dell'art.63 terzo comma c.p.sono circostanze aggravanti ad effetto speciale solo quelle che determinano un aumento della pena superiore ad un terzo. (Sez 3 n.34949 del 03/11/2020 S., rv.280504-02). Seguendo tale orientamento laddove il giudice sia chiamato a computare il termine di prescrizione di un reato aggravato da circostanze ad effetto speciale e circostanza indipendenti, queste ultime possono essere assimilate alle prime solo quando comportino un aumento della superiore ad un terzo, tali non devono essere considerate le recidive qualificate che, per effetto del criterio mitigatore di cui all'art.99 sesto comma, dovessero deteminare un aumento della pena pari o inferiore ad un terzo.
La soluzione delle Sezioni Unite.
Il supremo consesso parte dalla contestazione che nessuno dei due orientamenti esaminati mette in discussione al natura della recidiva con circostanza aggravante ad effetto speciale quando essa determinazione l'aumento della pena in misura superiore ad un terzo. La vera questione è determinare cosa accade quando, per effetto dell'applicazione del criterio mitigatore dell'art.99 sesto comma, l'aumento di pena dovesse risultare pari o minore di un terzo. L'articolo 99 sesto comma prevede che “in nessun caso l'aumento di pena per effetto della recidiva può superare il cumulo delle pene risultanti dalle condanne precedenti alla commissione del nuovo delitto non colposo”. Anche quando il criterio mitigatore dovesse determinare un aumento pari o inferiore ad un terzo la recidiva non perde la qualità di circostanza aggravante ad effetto speciale. Rileva a tal fine la potenzialità, anche astratta, a poter determinare l'aumento di pena superiore ad un terzo che secondo l'art.63 c.p. qualifica la circostanza aggravante come ad effetto speciale.
Ai fini del calcolo del termine prescrizionale l'art.157 del codice penale nel precisare i criteri da seguire per il computo del “tempo necessario a prescrivere”, impone senza riserve di tenere conto “dell'aumento massimo di pena previsto per l'aggravante” speciale o ad effetto speciale. Nel caso di contestazione di una recidiva qualificata (aggravata, pluriaggravata, o reiterata) sembrerebbe che l'aumento della pena base, ai fini del computo del termine di prescrizione, debbe essere sempre operato con l'incremento massimo stabilito dall'art. 99 c.p., ovvero della metà nel caso di recidiva aggravata, pluriaggravata o reiterata semplice e di due terzi nel caso di recidiva pluriaggravata reiterata. In questo senso il criterio moderato del sesto comma dell'art. 99 non avrebbe alcuna incidenza. In effetti già nel momento conclusivo del processo il giudice deve valutare caso per caso se la sussiste una relazione qualificata tra i precedenti penali dell'imputato ed il fatto di reato della nuova condanna con la conseguenza che la circostanza perde ogni suo rilievo anche ai fini del computo della prescrizione. Per la Suprema Corte il principio di diritto è dunque che “il limite dell'aumento di cui alla previsione dell'art.99 sesto comma, non rileva in ordine alla qualificazione della recidiva , come prevista dal secondo e quarto comma del predetto articolo, quale circostanza ad effetto speciale e non influisce sui termini di prescrizione del reato determinati dagli articoli 157 e 161 c.p.p. come modificati dalla legge 251 del 2005.”
riproduzione riservata - commento dell'Avv. Salvatore Piccolo
la sentenza per esteso in commento è scaricabile gratuitamente qui