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In ricordo del Prof. Massimo D'Antona.

21-06-2023 14:44 - Diritto
Non è vero che la morte è la fine di tutto. I valori sono immortali e se tramandati attraverso l'opera di uomini allora queste persone sono sempre con noi. Vivono con noi. Magari ci guardano dall'alto, ci sorvegliano, ci aiutano e ci proteggono. Ho avuto un professore all'Università, ormai circa trent'anni fa, che non mi ha insegnato soltanto il Diritto del Lavoro, materia di cui era uno dei massimi docenti universitari nazionali ed europei, ma anche lo stile nel trattare, con parole di sostengo e di incitamento, i giovani. Anche per questo quando arrivai al momento della laurea decisi di chiedere una tesi di laurea al prof. Massimo D'Antona. Aveva già ottenuto il trasferimento all'Università “la Sapienza “ di Roma dove risiedeva, circostanza che non mi era nota, ma volle ugualmente accettare la mia richiesta anche per rimanere testimonianza del suo passaggio nella nostra Università. Un ateneo nato proprio in quegli anni, nel 1992, tra mille speranze per un territorio di antica cultura, ma che si trovava investito da un'emergenza criminale di matrice camorrista senza precedenti. L'Università prese il nome di Seconda Università degli Studi di Napoli, ma aveva sede in provincia di Caserta. Ogni cittadina di Terra di Lavoro dava sede ad una facoltà secondo una vocazione secolare del territorio da sempre rappresentato non da una solo centro cittadino, ma da diverse realtà ciascuna con una peculiare storia culturale. Caserta, Santa Maria Capua Vetere, Capua, Aversa divennero ognuna sede di una facoltà universitaria. Poteva essere la scintilla per innescare un motore culturale per un cambiamento del territorio in senso moderno, una opportunità accademica a sostegno di una vasta zona a Nord della Campania ed a confine con il Lazio, non proprio il profondo mezzogiorno, ma una zona che poteva aspirava ad integrarsi completamente con la realtà economica e produttiva nazionale e, perché no, europea. Per gli esordi si decise di dare spazio a professori emergenti, ma di grande spessore accademico. Massimo D'Antona era uno di questi, riconosciuto a livello nazionale. Per questo quando nel 1996 Lamberto Dini decise di formare un governo di soli tecnici a ricoprire il ruolo di sottosegretario ai trasporti fu chiamato il professore D'Antona, il settore dei trasporti pubblici era, infatti, attraversato da forti rivendicazioni sindacali unite ad un imponente piano nazionale di sviluppo infrastrutturale di cui l'alta velocità ferroviaria era solo uno degli obbiettivi poi realizzato. La nomina di D'Antona, nel mondo accademico campano, significava una implicita affermazione della Seconda Università di Napoli. Il più prestigioso ed antico ateneo napoletano, “Federico II”, era stato scavalcato nella scelta nonostante la presenza di affermati docenti. Ricordo ancora quel giorno del 1996, quando arrivò in facoltà la notizia della nomina di D'Antona che non essendo politica, ma tecnica riempiva di orgoglio tutti quanti, preside della facoltà, corpo docente e studenti e lascio immaginare la mia personale soddisfazione per essere destinato a diventare l'unico studente che avrebbe avuto come relatore il professore D'Antona. Scrissi la mia tesi sotto la guida autorevole del mio professore che arrivò, non richiesto, a spedirmi dei testi specifici. Un giorno, infatti, il postino mi recapitò un plico corposo. Aperta la confezione trovai una lettera che grosso modo aveva questo contenuto :” Caro Piccolo, mi sono permesso di allegare alcuni testi dove ho già annotato parti rilevanti per il suo lavoro…”, erano 4 testi estratti da volumi più ampi, in ognuno di essi il professore aveva annotato la parte rilevante con “un'orecchietta” ed alcune annotazioni scritte a matita. Il grosso della tesi era già pronta per essere scritta, riguardava il tema del “salario d'ingresso e la retribuzione sufficiente”, in pratica principi di diritto del lavoro da utilizzare come barriera invalicabile per consentire la flessibilità contrattuale nell'ingessato mondo del lavoro dell'epoca. Nel novembre del 1996 arrivò la mia laurea e la foto di quest'articolo ritrae il Prof. D'Antona proprio un quell'occasione con la mia tesi in mano. Dopo la laurea mi lanciai nel mondo della professione forense, non proprio nel settore del diritto del lavoro, con lo slancio e l'ardore tipico di un giovane appassionato del diritto che voleva rendersi utile agli altri, senza essere figlio di avvocato e fronteggiando le difficoltà degli esordi, comprese gelosie ed ostracismi di qualche vecchio trombone preoccupato che qualcuno, non atteso, potesse “sottrarre” qualche cliente. Sono passati circa 30 anni, l'ateneo ha cambiato nome e si è ridimensionato relativamente al numero di iscritti, alle infrastrutture ed all'offerta formativa, l'occasione storica di quegli anni è andata sostanzialmente persa ed ai nostri ragazzi non resta che frequentare le facoltà del centro nord per competere sotto il profilo formativo con le dinamiche nazionale. Così proprio oggi, mio figlio, studente (fuori sede) presso l'Università, Alma Mater, di Bologna ha dato l'esame di Diritto del Lavoro, ho seguito a distanza il ragazzo durante i mesi del corso e la preparazione finale e gli ho fatto notare che nei testi da lui stesso adottati per preparare l'esame spesso era citato il Prof. Massimo D'Antona, il mio professore. Gli ho ricordato che dopo il vile attentato in cui fu ucciso da un piccolo gruppo di assassini ho messo la foto del prof. D'Antona (pubblicata in questa pagina) ritratto alla discussione della mia tesi di laurea, in alto dietro la mia scrivania nella mia stanza dello studio legale che ho fondato. Foto che ha accompagnato me stesso ed i miei clienti in circa 25 anni di professione. Spesso, in questi anni, ho rivolto lo sguardo verso quella fotografia per cercare un'ispirazione per un processo o anche per invocare una laica benedizione. Mio figlio ha superato l'esame con 30 e lode ed io sono sempre più convinto che dall'alto dei cieli, in punto indefinibile di un altrove popolato da giusti di ogni origine, egli lo abbia ispirato, guidato ed aiutato. È una mia convinzione che voglio rendere pubblica insieme all'eterno ricordo di una grande professore universitario stroncato alla vita, ai proprio affetti, al mondo accademico ingiustamente e prematuramente, ma che vive nel mio ricordo oggi ancora di più.

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