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Domenica 12 giugno si vota sui quesiti referendari per la Giustizia o almeno così ci vien detto...

06-06-2022 22:23 - Diritto
Domenica 12 giugno 2022 i cittadini italiani sono chiamati alle urne per esprimersi su 5 quesiti referendari. La campagna elettorale non è mai decollata ed i media sono impegnati con la guerra in Ucraina. Solo nell’ultima settimana è mandata in onda qualche tribuna elettorale, in orari poco frequentati dal pubblico televisivo. Molti cittadini neppure conoscono il tenore dei quesiti. Una informazione poco approfondita ha lanciato il tema che si tratti di referenda sulla giustizia. Il tema della giustizia in Italia è da sempre oggetto di particolare lamentele per coloro che, anche loro malgrado, sono costretti a confrontarsi con i Tribunali. Le principali doglianze riguardano la lungaggine dei tempi sia dei processi penali che dei procedimenti civili. Carenze di personale amministrativo e di risorse anche strutturali negli uffici giudiziari. Recentemente scandali e vicende di cronaca hanno anche portato ad un forte ridimensionamento della fiducia riposta dai cittadini nei confronti della magistratura. Negli anni d’oro di tangentopoli il sostegno all’azione della magistratura era molto forte, oggi si avverte un diffuso sentimento di sfiducia. La difesa tecnica nei procedimenti penali, garantita dalla costituzione, ed effettuata con gli strumenti delle difese d’ufficio e del patrocinio a spese dello Stato sono istituti che non funzionano, per ottenere pagamenti di compensi decurtati rispetto alle normali tariffe un avvocato difensore che fruisce del patrocinio a spese dello Stato deve aspettare, in alcuni Tribunali, anche tre anni dalla liquidazione. Queste disfunzioni comportano che la difesa dei meno abbienti e di coloro che non nominano un avvocato è spesso affidata alla sola vocazione professionale dei singoli legali. Potremmo continuare a lungo nell’indicare i punti critici del settore, forti anche di un’esperienza sul campo ormai lunga un quarto di secolo, ma ci fermiamo all’essenziale. Di fronte a tanti problemi il cittadino che apprende di doversi esprimere per referendum sulla giustizia pensa di poter, finalmente, apportare un contributo importante per imporre riforme che possano spronare il parlamento a mettere mano agli aspetti più critici della materia. Purtroppo il cittadino che parte con queste legittime aspettative resterà ampiamente deluso domenica 12 giugno. Non già per i risultati elettorali, ma perché i quesiti riguardano questioni marginali oppure tecnicismi spesso poco rilevanti. Uno di questi quesiti, il quinto con scheda di colore verde, riguarda una questione probabilmente irrilevante ai fini del corretto funzionamento della Giustizia. In pratica si chiede di abolire la raccolta di firme a sostegno della candidatura di un magistrato al Consiglio Superiore della Magistratura. Oggi servono 25 firme di altrettanti colleghi affinchè un magistrato possa candidarsi nel parlamentino dei magistrati. Se dovesse passare il referendum invece non serviranno più firme. Questo è tutto, davvero niente rispetto alle tante problematiche del settore. Leggermente più impegnativo è il primo quesito, con colore della scheda rosa, che riguarda l’automatica sospensione di un amministratore di un ente locale condannato in primo grado per reati contro la pubblica amministrazione. Con il referendum si chiede di abolire questa norma e sancire l’incandidabilità solo alla fine dei tre gradi di giudizio. L’ideale sarebbe stato creare un meccanismo, magari anche una corsia preferenziale, per giudicare gli amministratori locali accusati di delitti contro la pubblica amministrazione in tempi rapidi così da concludere i tre gradi di giudizio brevemente evitando misure cautelari di natura amministrativa. Purtroppo il sistema penale è farraginoso e raramente si riesce a celebrare i processi in tempi rapidi, di qui la previsione della fattispecie della legge Severino di non aspettare il terzo grado e prevedere una sospensione cautelativa in caso di condanna in primo grado. Il secondo quesito referendario, quello con la scheda di colore arancione, è forse quello con una portata maggiore. Il quesito propone l’abrogazione di quelle norme che prevedono la custodia cautelare in presenza del pericolo di reiterazione del reato. Se dovesse passare il referendum non sarà più possibile motivare la richiesta di custodia cautelare solo con il pericolo di reiterazione del reato, ma serviranno anche le altre esigenze cautelari (pericolo di fuga, pericolo commissioni di reati più gravi, inquinamento prove). Con il quesito scritto sulla scheda gialla si chiede di separare le carriere dei magistrati. Se dovesse passare il referendum il magistrato dovrà scegliere sin dall’inizio della propria carriera se fare il magistrato inquirente oppure quello giudicante. Si tratta di una vecchia questione che ha pregi e difetti, difficile prevedere se davvero la separazione delle carriere porterà miglioramenti al lavoro dei magistrati. Infine con la scheda grigia si chiede di abolire la norma che conferisce il voto nei consigli giudiziari solo ai magistrati. I consigli giudiziari sono organismi distrettuali che valutano la progressione delle carriere dei magistrati. Sono composti da magistrati, avvocati e professori universitari. Attualmente, però, possono votare solo i magistrati. Con il referendum si chiede di dare il diritto di voto anche agli avvocati ed ai magistrati che oggi partecipano ai consigli giudiziari solo in via consultiva.

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