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La novella del nuovo art.570 bis codice penale. Problemi giuridici relativi alla diversità di trattamento tra figli nati nel matrimonio e non.

09-04-2018 18:37 - Diritto
Il 6 aprile è entrato in vigore il nuovo art.570 bis rubricato come violazione degli obblighi familiari in caso di separazione o scioglimento del matrimonio
L´intento, quantomai nobile, del legislatore era quello di riordinare la materia ed includere nel codice penale, sistemando giuridicamente la fattispecie penale, le sanzioni penali legate alle violazioni degli obblighi di assistenza familiare sparse nelle leggi speciali.
Purtroppo la prima lettura della norma ha subito evidenziato un serio problema giuridico .
La norma recita, infatti, che le pene previste dall´articolo 570 si applicano al coniuge che si sottrae all´obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero vìola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli.
L´autore del reato è quindi un soggetto qualificato e ben individuato dal legislatore: il coniuge.
Il reato non può essere conseguentemente contestato al genitore non sposato. Con esclusione, dalla sanzione penale, delle violazioni degli obblighi di mantenimento consumate nei confronti dei figli nati fuori dal matrimonio.
Eppure solo nel 2012 il legislatore aveva riformato il settore della filiazione cancellando le differenze tra quelli che, fino a quel momento, erano definiti figli naturali rispetto ai figli legittimi. La riforma (decreto legislativo n.154 del 2013 in attuazione della legge delega n. 219 del 2012) era stata salutata come una svolta epocale nel diritto di famiglia , invece si è visto nella pratica che , oltre alle enunciazioni di principio, le differenze sono tutt´ora evidenti. L´unica novità effettiva è di natura formale o se vogliamo gergale. Eliminando la tradizionale distinzione tra figli natutali e legittimi la giurisprudenza, per un curioso e anomalo percorso, ha avuto il problema di ridefinire il termine giuridico da usare per distinguere i figli nati fuori dal matrimonio rispetto a quelli nati nel matrimonio. Il termine in uso, particolarmente obbrobioso, è figli matrimoniali e figli non matrimoniali. Questa singolare vicenda terminologica in effetti evidenzia ancora di più la necessità di eliminare le differenze di trattamento tra figli. Esigenza assolutamente permanente. Si pensi, in estrema sintesi prima di tornare alla vicenda penalistica dalla quale siamo partiti, alle differenze di rito per regolamentare – giuridicamente- i diritti dei figli nati fuori dal matrimonio (chi scrive rifiuta la terminologia dei figli matrimoniali e non).
Un rito sommario, di volontaria giurisdizione, rispetto al rigoroso procedimento previsto per i figli nati nel matrimonio rappresentato da due distinti procedimenti, di separazione e divorzio , con possibilità di intervenire con misure cautelari codicistiche per correggere urgenti problematiche (si pensi al procedimento di natura cautelare previsto dall´art 709 ter c.p.c.).
Venendo alla nuova norma in commento ed alla rilevata esclusione tra i soggetti punibili dei genitori non sposati si deve premettere che prima della novella la norma incriminatrice in uso era l´art. 570.
Diverse sono state le questioni poste dalla giurisprudenza e recentemente la Suprema Corte aveva stabilito che in tema di reati contro la famiglia, il reato di omesso versamento dell´assegno periodico previsto dell´art.12 sexies legge 1 dicembre 1970, n. 898 (richiamato dall´art. 3 della legge 8 febbraio 2006 n. 54) è configurabile esclusivamente nel caso di separazione dei genitori coniugati, ovvero di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, mentre, nel caso di violazione degli obblighi di natura economica derivanti dalla cessazione del rapporto di convivenza può configurarsi il solo reato di cui all´art.570, comma secondo, n.2, cod.pen. (In motivazione, la Corte con la sentenza n 2666/2017 ha precisato che l´art.4, comma secondo, legge n.54 del 2006, in base al quale le disposizioni introdotte si applicano anche ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati, fa riferimento ai provvedimenti di natura civile e non anche alle previsioni normative che attengono al diritto penale sostanziale).
Tuttavia, in una recente pronuncia la Suprema Corte non ha condiviso l´interpretazione dei giudici della Corte di Appello di Milano i quali avevano affermato che "mentre in caso di separazione dei genitori coniugati, ovvero di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio si applicano tutte le disposizioni previste dalla legge n. 54 del 2006, per quanto riguarda i figli di genitori non coniugati il riferimento ai procedimenti relativi agli stessi assolve alla funzione di circoscrivere l´ambito delle disposizioni applicabili a quelle che concernono i procedimenti indicati dalla legge n. 54 del 2006, e che sono quelli civili di cui all´art. 2, e non anche alle previsioni normative che attengono al diritto penale sostanziale". Tale soluzione, oltre ad essere ritenuta conforme al dato testuale, "risponde anche al principio del c.d. diritto penale minimo e non lede la posizione sostanziale dei figli di genitori non coniugati, per la cui tutela è possibile il ricorso a tutte le azioni civili e ferma restando, inoltre, l´applicabilità della fattispecie di cui all´art. 570,secondo comma, n. 2, cod. pen.".
La Cassazione ha puntualizzato che la soluzione proposta si risolverebbe nella legittimazione di una diversità di trattamento in danno dei figli nati fuori del matrimonio. Secondo gli Ermellini, una simile differenziazione non solo si pone in aperto contrasto con la recente Legge 20 maggio 2016 n. 76 - con cui è stata introdotta nell´ordinamento la "Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze" -, bensì appare di dubbia conformità sul piano della legittimità costituzionale. (Cass. Pen sez. VI 19/05/2017 n.25267
Insomma un contrasto giurisprudenziale vero e proprio ( i due orientamenti rappresentati da Cass. 2666/2017 e Cass 25267/17) già rimesso alle sezioni unite che dovrebbero pronunciarsi nei prossimi mesi.
In questo quadro già contrastato e non pacifico arriva la nuova norma che fa chiarezza, ma in senso negativo.
La norma penale è infatti tassativa e non può essere interpretata analogicamente con la conseguenza che la fattispecie di cui all´art.570 bis individua solo il coniuge quale autore del reato. Neppure sembra possibile un intervento normofilattico della Cassazione e l´attesa per il pronunciamento delle sezioni unite non può che riguardare il preesistente art 570 codice penale. Senza alcuna possibilità di incidenza sulla normativa in vigore dal 6 aprile 2017.
Anche un futuro intervento della corte costituzionale appare difficile al momento e non solo per il particolare tortuoso meccanismo di controllo del giudice delle leggi, quanto per motivi squisitamente giuridici.
La giurisprudenza contraria all´applicazione dell´art.570 1 comma ai figli nati fuori dal matrimonio, come abbiamo visto, spiegava la possibilità di compatibilità dell´effettivo diverso trattamento sanzionatorio con la carta costituzionale in relazione al cd. principio del diritto penale "minimo" , ovvero l´ordinamento non lasciava privi di tutela coloro ai quali non doveva applicarsi la tutela penale di cui all´art.570 primo comma, prevedendo diversi istituti nel diritto civile ed inoltre la differenza di trattamento riguardava esclusivamente una particolare e minima parte di soggetti, ovvero i figli maggiorenni nati fuori dal matrimonio, applicandosi la diversa fattispecie di cui all´art.570 comma 2 quando persone offese sono figli minori di età.
Crediamo dunque se effettivamente si vorrà parificare tutti i figli senza necessità di distinzioni difficili anche da enunciare sotto il profilo lessicale sia necessario un intervento del legislatore penale che indichi nel termine "i genitori" in luogo di quello di "coniuge" l´autore del reato, che neppure può dirsi nuovo (essendo semplicemente una norma di riordino), di cui alla fattispecie prevista dall´art.570 pis c.p.
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