Il pagamento della parcella dell´avvocato non può essere provato con testimoni
Il mancato pagamento dell´avvocato penalista e le questioni di diritto sul punto affrontate da una recente sentenza del Tribunale di SMCV
02-02-2015 12:28 - Diritto
Con un recentissima sentenza il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere interviene in relazione alla determinazione e liquidazione degli onorari di avvocato in materia penale.
La vicenda decisa dal giudice civile del Tribunale sammaritano riguardava un contenzioso tra un affermato avvocato penalista, difeso in sede civile dallo studio dell´avv. Piccolo (titolare di questo sito web), ed un ex cliente dell´avvocato penalista.
L´assistenza, non contestata, prestata dal penalista riguardava tutta la fase relativa al periodo di detenzione del cliente in seguito ad un condanna definitiva.
Tra le questioni affrontate dal giudice di particolare pregio appare la questione relativa alla prova dell´avvenuto pagamento dell´onorario dell´avvocato che il cliente affermava aver onorato per il tramite dei propri congiunti essendo egli , appunto, detenuto.
Il cliente aveva chiesto ed ottenuto l´ammissione di una prova testimoniale sul punto chiamando a testimoniare nel giudizio civile i propri congiunti sullo specifico punto dell´avvenuto pagamento della parcella durante la detenzione, circostanza negata dal penalista.
Il giudice civile, come emerge dalla sentenza, ha stabilito che anche in materia di prova del pagamento degli onorari di avvocato vigono le stessa regole stabilite dall´art. 2726 c.c. per i contratti in generale che vietano prove testimoniali in ordine alla prova del pagamento, fatta eccezione per somme di modesto importo.
Il cliente, dunque, per poter affermare di aver pagato il proprio avvocato, tanto in materia penale che in materia civile, deve documentare l´avvenuto pagamento in forma scritta essendo inammissibile il ricorso a prove testimoniali
Ulteriore questione trattata brillantemente dalla sentenza in commento riguarda una specifica questione che sovente si pone all´avvocato difensore. Vale a dire la problematica degli accessi al penitenziario per colloqui con il proprio assistito ristretto in istituto di pena. Chi affronta la difesa penale , come chi scrive, sa bene che tra i controlli di accesso , il momento di attesa per il colloquio con il detenuto ed il colloquio medesimo il tempo che si impiega per evadere tale delicato compito professionale è sicuramente notevole e va ben oltre lo stesso tempo necessario alla consumazione del colloquio.
Per altro essendo il luogo in questione sicuramente poco gradevole l´esperienza maturata sul campo insegna che l´avvocato viene anche egli rinchiuso in quattro mura , con tanto di grate alle finestre, costretto a snervanti attese fino a quando il proprio assistito non è "pronto" per il colloquio.
Nel caso in esame nella propria domanda di pagamento formulata originariamente con un decreto ingiuntivo e poi sfociata in un ordinario giudizio di cognizione, l´avvocato penalista aveva domandato onorari pari a 30 visite in carcere. Nell´opposizione il cliente sosteneva che le visite ricevute , nel periodo indicato, erano minori ed, a sostegno della propria tesi , aveva esibito in giudizio un attestato dal quale emergevano che le visite del difensore erano pari a 22 e quindi 8 in meno di quelle domandante dal penalista.
Il giudice ha invece rigettato tale eccezione sul presupposto che la relativa tariffa è "per ora o frazione di ora" ed è pacifico che tra i tempi di attesa e quelli di colloquio ogni visita "puo durare verosimilmente più di un ora" e conseguentemente la richiesta di onorario parametrata a 30 visite risultava più che congrua.
In ultima analisi dalla lettura della sentenza in commento emerge un consiglio di buon senso per ciascun cliente più o meno riottoso al pagamento della parcella dell´avvocato.
Il caso in esame dimostra che non è mai conveniente , soprattutto a fronte di richieste sufficientemente dotate di margini di fondatezza, opporsi alla richiesta di pagamento del proprio avvocato perché alla fine tra la parcella da pagare al precedente difensore, quella da pagare all´avvocato che ha proposto l´opposizione ( con congruo iniziale esborso per via del contributo unificato ormai non più modesto) e le spese processuali legate ad una verosimile soccombenza risulta molto più conveniente in termini economici contattare l´avvocato creditore della parcella e spuntare una bonaria risoluzione della questione, magari con una buona dilazione del pagamento o un sostanzioso "sconto" che in tempo di crisi raramente viene negato.
Studio Legale Avv. Salvatore Piccolo - riproduzione riservata
La vicenda decisa dal giudice civile del Tribunale sammaritano riguardava un contenzioso tra un affermato avvocato penalista, difeso in sede civile dallo studio dell´avv. Piccolo (titolare di questo sito web), ed un ex cliente dell´avvocato penalista.
L´assistenza, non contestata, prestata dal penalista riguardava tutta la fase relativa al periodo di detenzione del cliente in seguito ad un condanna definitiva.
Tra le questioni affrontate dal giudice di particolare pregio appare la questione relativa alla prova dell´avvenuto pagamento dell´onorario dell´avvocato che il cliente affermava aver onorato per il tramite dei propri congiunti essendo egli , appunto, detenuto.
Il cliente aveva chiesto ed ottenuto l´ammissione di una prova testimoniale sul punto chiamando a testimoniare nel giudizio civile i propri congiunti sullo specifico punto dell´avvenuto pagamento della parcella durante la detenzione, circostanza negata dal penalista.
Il giudice civile, come emerge dalla sentenza, ha stabilito che anche in materia di prova del pagamento degli onorari di avvocato vigono le stessa regole stabilite dall´art. 2726 c.c. per i contratti in generale che vietano prove testimoniali in ordine alla prova del pagamento, fatta eccezione per somme di modesto importo.
Il cliente, dunque, per poter affermare di aver pagato il proprio avvocato, tanto in materia penale che in materia civile, deve documentare l´avvenuto pagamento in forma scritta essendo inammissibile il ricorso a prove testimoniali
Ulteriore questione trattata brillantemente dalla sentenza in commento riguarda una specifica questione che sovente si pone all´avvocato difensore. Vale a dire la problematica degli accessi al penitenziario per colloqui con il proprio assistito ristretto in istituto di pena. Chi affronta la difesa penale , come chi scrive, sa bene che tra i controlli di accesso , il momento di attesa per il colloquio con il detenuto ed il colloquio medesimo il tempo che si impiega per evadere tale delicato compito professionale è sicuramente notevole e va ben oltre lo stesso tempo necessario alla consumazione del colloquio.
Per altro essendo il luogo in questione sicuramente poco gradevole l´esperienza maturata sul campo insegna che l´avvocato viene anche egli rinchiuso in quattro mura , con tanto di grate alle finestre, costretto a snervanti attese fino a quando il proprio assistito non è "pronto" per il colloquio.
Nel caso in esame nella propria domanda di pagamento formulata originariamente con un decreto ingiuntivo e poi sfociata in un ordinario giudizio di cognizione, l´avvocato penalista aveva domandato onorari pari a 30 visite in carcere. Nell´opposizione il cliente sosteneva che le visite ricevute , nel periodo indicato, erano minori ed, a sostegno della propria tesi , aveva esibito in giudizio un attestato dal quale emergevano che le visite del difensore erano pari a 22 e quindi 8 in meno di quelle domandante dal penalista.
Il giudice ha invece rigettato tale eccezione sul presupposto che la relativa tariffa è "per ora o frazione di ora" ed è pacifico che tra i tempi di attesa e quelli di colloquio ogni visita "puo durare verosimilmente più di un ora" e conseguentemente la richiesta di onorario parametrata a 30 visite risultava più che congrua.
In ultima analisi dalla lettura della sentenza in commento emerge un consiglio di buon senso per ciascun cliente più o meno riottoso al pagamento della parcella dell´avvocato.
Il caso in esame dimostra che non è mai conveniente , soprattutto a fronte di richieste sufficientemente dotate di margini di fondatezza, opporsi alla richiesta di pagamento del proprio avvocato perché alla fine tra la parcella da pagare al precedente difensore, quella da pagare all´avvocato che ha proposto l´opposizione ( con congruo iniziale esborso per via del contributo unificato ormai non più modesto) e le spese processuali legate ad una verosimile soccombenza risulta molto più conveniente in termini economici contattare l´avvocato creditore della parcella e spuntare una bonaria risoluzione della questione, magari con una buona dilazione del pagamento o un sostanzioso "sconto" che in tempo di crisi raramente viene negato.
Studio Legale Avv. Salvatore Piccolo - riproduzione riservata