Federalismo? No. grazie.
07-02-2011 11:18 - Cronaca
In questi giorni l´agenda politica nazionale ha come argomento principale il cd. "federalismo municipale." Si tratta di un provvedimento legislativo che, secondo le intenzioni del partito della Lega Nord, dovrebbe servire ad attuare su scala comunale il federalismo. Partiamo dall´inizio.
Nell´antica Roma, agli albori dell´impero che divenne "caput mundi" (centro del mondo) i romani stipulavano con i loro alleati dei patti tra stati sovrani ed uguali denominati "foedus", un termine diverso rispetto al semplice "pactum" che aveva valenza nel diritto privato. Nei "foedera" i romani erano disposti, in cambio di collaborazione militare ed economica, a condividere il loro potere internazionale con uno stato che veniva ritenuto alla pari di quello romano. Da questa impostazione nella storia dell´umanità il federalismo è divenuto modello di stato e di governo. Si citano ad esempio gli Stati Uniti d´America oppure la Svizzera. Anche durante il risorgimento italiano, alcuni intellettuali ritenevano che la migliore soluzione per la "questione italiana" fosse il federalismo (Cattaneo) magari sotto l´alta guida morale del Papa (Gioberti). Alla fine vinse, anche grazie all´influenza della massoneria, l´annessione, "manu militari", al regno di Sardegna del resto della penisola, con tutte le conseguenze anche economiche che ne derivarono, ed oggi descritte in diversi saggi, in ordine alla spoliazione economica, industriale ed imprenditoriale del mezzogiorno d´Italia in favore della parte vittoriosa. L´Italia, tuttavia, dopo alterne vicende, una dittatura, ed un lungo periodo di democrazia parlamentare aveva metabolizzato la forma di governo repubblicana e parlamentare e soprattutto negli anni 60 visse un periodo di grande espansione economica che sembrava diminuire il distacco economico tra Nord e Sud. Un modello di sviluppo che divenne oggetto di studio nel mondo e che prevedeva, senza accentuare il prelievo fiscale, il ricorso all´indebitamento pubblico anche per finanziare grandi infrastrutture. Si guardi alle autostrade costruite in quegli anni (l´autostrada del sole), agli aereoporti (si pendi a Fiumicino tutt´ora uno dei più grandi scali d´Europa) ed alla rete di comunicazione telefonica ( all´epoca sotto il monopolio statale della SIP). Il sistema aveva una sua virtù. Si ricorreva all´emissione di obbligazioni statali, all´epoca meglio note con il nome di buoni del tesoro (BOT) e certificati di deposito (CCT) emessi e garantiti dallo stato, che venivano acquistati per via dell´alto rendimento e per la quasi certezza del rimborso da una ampia parte di italiani, con la conseguenza che lo stato si indebitava, ma direttamente con i propri cittadini che poi rimettevano in circolo gli interessi ottenuti. Allo stesso tempo il danaro veniva utilizzato per opere pubbliche che garantivano un ritorno occupazionale notevole. Per carità, sarà pur vero che con l´inizio degli anni 80 e per tutto il decennio il sistema economico nazionale dovette affrontare degli abusi legati ad episodi di malaffare, ma il sistema reggeva e garantiva uno stato sociale (welfare) di primo livello, oggi impensabile. Con l´inizio degli anni 90 per una lunga serie di motivazioni, che in questa sede sarebbe inopportuno riassumere, prende piede nel paese l´idea che occorre smantellare lo stato economico costruito in tanti anni di vita democratica. Uno Stato che era riuscito indenne dalla stagione del terrorismo nazionale, che era riuscito in politica estera ad accreditarsi nei confronti degli stati arabi, detentori di grosse risorse petrolifere e di instabilità politica, come interlocutore serio ed amico. In quella circostanza i poteri forti decidono, contro gli interessi del paese, di procedere alla privatizzazione delle imprese statali. In questo contesto si è assistito a dei veri e propri "regali" di imprese di servizi (la Sip, divenuta Telecom per tutte) sino ad arrivare a vedere in mano privata anche la rete autostradale costruita in tanti anni grazie al ricorso all´indebitamento pubblico. Mentre i poteri forti si muovevano per acquisire le aziende migliori dello stato, iniziava a prendere piede, apparentemente dal nulla, una forza politica, per molto tempo sottovalutata che ribaltava i principi della questione meriodinale, la Lega Nord. Questo partito in pratica portava in parlamento un ragionamento distorto e percoloso che poteva sintetizzarsi nel principio che il Nord d´Italia è economicamente più forte del resto del paese e per questo deve essere amministrato in maniera diversa rispetto al meridione. Per la verità negli anni passati la Lega ha anche utilizzato il termine secessione, ma su questo terreno neppure i settentrionali sono stati disposti ad andare avanti. Come alternativa, a volte anche dialettica alla secessione, venne introdotto il tema del federalismo. Un federalismo che nessuno mai ha spiegato fino in fondo e che è sempre apparso incompatibile con la forma di stato adottata dall´Italia dopo il regime fascista ovvero la repubblica parlamentare. Uno stato davvero federale prevede una forma di governo diversa con una serie di istituti idonei a garantire sovranità nazionale ed effettivo potere locale . Il federalismo italico-padano invece portato all´attenzione del parlamento in questi giorni è molto semplice. E´ una grossa tassa che sarà pagata dai cittadini. I Comuni ovvero non saranno più finanziati, in parte principale dallo Stato, ma dovranno applicare tasse locali per garantire i servizi. Trattasi anche di servizi essenziali come la raccolta dei rifiuti, l´acqua potabile, le scuole, le strade e le infrastrutture. Lo Stato tuttavia continuerà a mantenere le tasse nazionali come l´IRPEF, senza che si comprenda l´utilizzo di tali risorse. Quello che più preoccupa tuttavia è che parecchi, tra i politici dei più diversi schieramenti, abbiano stabilito che l´Italia abbia effettivamente bisogno del federalismo, così come propugnato dalla Lega, senza che nessuno abbia il coraggio, per non inimicarsi una forza politica oggi determinante a causa delle debolezze di molti altri partiti, di denunciare che procedendo con la legislazione cd."federale" l´Italia viene spinta verso il baratro delle diseguaglianze delle tensioni sociali e della tassazione fine a se stessa con ripercussioni gravissime in tema di stabilità del sistema.
Nell´antica Roma, agli albori dell´impero che divenne "caput mundi" (centro del mondo) i romani stipulavano con i loro alleati dei patti tra stati sovrani ed uguali denominati "foedus", un termine diverso rispetto al semplice "pactum" che aveva valenza nel diritto privato. Nei "foedera" i romani erano disposti, in cambio di collaborazione militare ed economica, a condividere il loro potere internazionale con uno stato che veniva ritenuto alla pari di quello romano. Da questa impostazione nella storia dell´umanità il federalismo è divenuto modello di stato e di governo. Si citano ad esempio gli Stati Uniti d´America oppure la Svizzera. Anche durante il risorgimento italiano, alcuni intellettuali ritenevano che la migliore soluzione per la "questione italiana" fosse il federalismo (Cattaneo) magari sotto l´alta guida morale del Papa (Gioberti). Alla fine vinse, anche grazie all´influenza della massoneria, l´annessione, "manu militari", al regno di Sardegna del resto della penisola, con tutte le conseguenze anche economiche che ne derivarono, ed oggi descritte in diversi saggi, in ordine alla spoliazione economica, industriale ed imprenditoriale del mezzogiorno d´Italia in favore della parte vittoriosa. L´Italia, tuttavia, dopo alterne vicende, una dittatura, ed un lungo periodo di democrazia parlamentare aveva metabolizzato la forma di governo repubblicana e parlamentare e soprattutto negli anni 60 visse un periodo di grande espansione economica che sembrava diminuire il distacco economico tra Nord e Sud. Un modello di sviluppo che divenne oggetto di studio nel mondo e che prevedeva, senza accentuare il prelievo fiscale, il ricorso all´indebitamento pubblico anche per finanziare grandi infrastrutture. Si guardi alle autostrade costruite in quegli anni (l´autostrada del sole), agli aereoporti (si pendi a Fiumicino tutt´ora uno dei più grandi scali d´Europa) ed alla rete di comunicazione telefonica ( all´epoca sotto il monopolio statale della SIP). Il sistema aveva una sua virtù. Si ricorreva all´emissione di obbligazioni statali, all´epoca meglio note con il nome di buoni del tesoro (BOT) e certificati di deposito (CCT) emessi e garantiti dallo stato, che venivano acquistati per via dell´alto rendimento e per la quasi certezza del rimborso da una ampia parte di italiani, con la conseguenza che lo stato si indebitava, ma direttamente con i propri cittadini che poi rimettevano in circolo gli interessi ottenuti. Allo stesso tempo il danaro veniva utilizzato per opere pubbliche che garantivano un ritorno occupazionale notevole. Per carità, sarà pur vero che con l´inizio degli anni 80 e per tutto il decennio il sistema economico nazionale dovette affrontare degli abusi legati ad episodi di malaffare, ma il sistema reggeva e garantiva uno stato sociale (welfare) di primo livello, oggi impensabile. Con l´inizio degli anni 90 per una lunga serie di motivazioni, che in questa sede sarebbe inopportuno riassumere, prende piede nel paese l´idea che occorre smantellare lo stato economico costruito in tanti anni di vita democratica. Uno Stato che era riuscito indenne dalla stagione del terrorismo nazionale, che era riuscito in politica estera ad accreditarsi nei confronti degli stati arabi, detentori di grosse risorse petrolifere e di instabilità politica, come interlocutore serio ed amico. In quella circostanza i poteri forti decidono, contro gli interessi del paese, di procedere alla privatizzazione delle imprese statali. In questo contesto si è assistito a dei veri e propri "regali" di imprese di servizi (la Sip, divenuta Telecom per tutte) sino ad arrivare a vedere in mano privata anche la rete autostradale costruita in tanti anni grazie al ricorso all´indebitamento pubblico. Mentre i poteri forti si muovevano per acquisire le aziende migliori dello stato, iniziava a prendere piede, apparentemente dal nulla, una forza politica, per molto tempo sottovalutata che ribaltava i principi della questione meriodinale, la Lega Nord. Questo partito in pratica portava in parlamento un ragionamento distorto e percoloso che poteva sintetizzarsi nel principio che il Nord d´Italia è economicamente più forte del resto del paese e per questo deve essere amministrato in maniera diversa rispetto al meridione. Per la verità negli anni passati la Lega ha anche utilizzato il termine secessione, ma su questo terreno neppure i settentrionali sono stati disposti ad andare avanti. Come alternativa, a volte anche dialettica alla secessione, venne introdotto il tema del federalismo. Un federalismo che nessuno mai ha spiegato fino in fondo e che è sempre apparso incompatibile con la forma di stato adottata dall´Italia dopo il regime fascista ovvero la repubblica parlamentare. Uno stato davvero federale prevede una forma di governo diversa con una serie di istituti idonei a garantire sovranità nazionale ed effettivo potere locale . Il federalismo italico-padano invece portato all´attenzione del parlamento in questi giorni è molto semplice. E´ una grossa tassa che sarà pagata dai cittadini. I Comuni ovvero non saranno più finanziati, in parte principale dallo Stato, ma dovranno applicare tasse locali per garantire i servizi. Trattasi anche di servizi essenziali come la raccolta dei rifiuti, l´acqua potabile, le scuole, le strade e le infrastrutture. Lo Stato tuttavia continuerà a mantenere le tasse nazionali come l´IRPEF, senza che si comprenda l´utilizzo di tali risorse. Quello che più preoccupa tuttavia è che parecchi, tra i politici dei più diversi schieramenti, abbiano stabilito che l´Italia abbia effettivamente bisogno del federalismo, così come propugnato dalla Lega, senza che nessuno abbia il coraggio, per non inimicarsi una forza politica oggi determinante a causa delle debolezze di molti altri partiti, di denunciare che procedendo con la legislazione cd."federale" l´Italia viene spinta verso il baratro delle diseguaglianze delle tensioni sociali e della tassazione fine a se stessa con ripercussioni gravissime in tema di stabilità del sistema.