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In morte di Francesco Cossiga.

22-08-2010 - Cronaca
Sono finite le ferie d´agosto, breve e salutare periodo di riposo per chi lavora sodo durante tutto l´anno. Si ritorna al lavoro sia professionale che politico. Prima di ogni cosa ci premeva, da legittimi eredi della tradizione democratico cristiana a Sparanise , rivolgere un nostro modesto pensiero, senza alcuna pretesa che sia scientifico o storiografico, in memoria di Francesco Cossiga, che proprio nelle ferie d´agosto è andato via, per sempre. Non abbiamo conosciuto personalmente il Presidente Cossiga, a differenza di Andreotti, ultimo leader diccì ancora in vita, che avemmo modo di conoscere di persona quando era Presidente del Consiglio nel 1991. Tuttavia vivemmo la stagione finale della Democrazia Cristiana e ricordiamo perfettamente le "picconate" di Cossiga rivolte a tutti i partiti dell´epoca ed anche al suo. Il Presidente aveva capito prima di tutti che il sistema politico che aveva governato l´Italia per 50 anni si stava sbriciolando.
Per sistema, Cossiga intendeva tutti i partiti dell´arco costituzionale, compreso il PCI-PDS, con l´esclusione dell´MSI che era , per via delle radici ideologiche neofasciste, fuori da ogni patto politico sia nazionale che locale. Ai giovani democristiani dell´inizio degli anni 90 Francesco Cossiga faceva una grande simpatia, le sue battaglie contro la politica malata, per il rinnovamento della magistratura che mandava in frontiera a morire i "giudici ragazzini", avevano l´effetto di incitare i giovanissimi a chiedere ed a pretendere un rinnovamento dei partiti ed in particolare di quello cattolico che non ci fù, forse per mancanza di tempo e forse perché chi venne chiamato a governare la nave in tempesta decise di affondarla definitivamente, salvando se stesso e pochi amici con la scialuppa di salvataggio. Anni dopo, in un convegno a Roma, ascoltammo da Mino Martinazzoli un mea culpa, "E´ andata come è andata", che suonava triste e nostalgico e che partiva proprio dall´aver trascurato i tanti moniti del Capo dello Stato dell´epoca: il benemerito Francesco Cossiga.
Quando poi riprendemmo la politica attiva, dopo la pausa di riflessione seguita alla fine del partito dei cattolici, determinante fu Francesco Cossiga che nel 98 andava fondando un partito l´UDR con Clemente Mastella e Casini ed altri politici democristiani. Casini si tirò indietro all´ultimo minuto, il partito nacque lo stesso, ma dopo poco Cossiga declinò l´impegno e restò il solo Mastella che pensò ad aggiungere un suffisso, abbastanza cacofonico, per le elezioni europee imminenti. Fu l´UDEUR che ebbe tre ministri nel governo di Massimo D´Alema, designato premier da Cossiga, partito che resistette per dieci anni, scomparso per le note vicende che colpirono il leader Mastella e la sua famiglia.
In questi anni avevamo comunque la sensazione, nel vedere ed ascoltare sui media i suoi interventi, di sentire un padre nobile della nostra tradizione politica. Era un politico con un linguaggio diverso dagli altri, sempre diretto e scevro da ragionamenti arzigogolati o di difficile comprensione. Mai Cossiga avrebbe pensato o pronunciato una frase come "convergenze parallele" eppure il nostro era l´allievo preferito di Aldo Moro. Era il numero due della corrente morotea. Il secondo dopo il capo corrente al quale lo legava una profonda amicizia e la riconoscenza di aver avuto l´inizio della folgorante carriera politica, con il sottosegretariato di Stato a soli 30 anni e fino ad arrivare al Ministero dell´Interno proprio per volere di Aldo Moro. Incarichi prestigiosi che Cossiga interpretò nel migliore dei modi usando la fermezza sia nel regolare le manifestazioni di protesta in piazza degli studenti, che gli valsero la famosa "K" come iniziale del cognome, che quando respinse le trattative con i brigatisti rossi che avevano rapito e sequestrato, dopo la trucidazione della scorta, proprio il numero uno della sua corrente, colui che l´aveva seduto al Ministero dell´Interno, Aldo Moro. Quei momenti drammatici sicuramente segnarono per sempre la vita del Presidente Cossiga, che accorse subito davanti al cadavere del suo maestro e si dimise all´istante dalla carica di Ministro dell´Interno addossandosi la responsabilità dell´eccidio. Un gesto nobile che sanno compiere i democristiani onesti quando hanno il senso alto della responsabilità.

Dopo vennero la Presidenza del Consiglio dei Ministri nel 1980, la Presidenza del Senato e la Presidenza della Repubblica, in un settennato atipico e frizzante, che, a nostro avviso, avvicinò di molto i giovani alla politica svecchiando lo stesso istituto della Presidenza della Repubblica, sino ad allora ritenuto austero e severo, mentre con Cossiga finiva in televisione di continuo con quelle che oltre che "picconate" vennero chiamate "esternazioni", come se le parole del Presidente provenissero da un esterno rispetto al ruolo di massima magistratura del paese. In quegli anni qualcuno sostenne, contrariamente al vero, addirittura che era pazzo.
E´ morto , da cattolico, senza avere paura della morte perché profondamente religioso, inviando lettere alle massime cariche istituzionali che raccomandavano a Dio l´Italia.
Dai giornali agostani, nelle prime ore dopo la morte, abbiamo letto della costernazione di tutti, anche di quelli che, quando era Presidente della Repubblica, chiesero l´impeachment costringendolo alle dimissioni con qualche mese di anticipo e, allora, con favore abbiamo notato quel piccolo dissenso soprattutto tra il popolo di internet, che qualcuno ha manifestato, contro Cossiga nell´ora della sua morte. Frasi contro, antagoniste direbbe qualcuno, senza senso. Ci siamo rallegrati perché Francesco Cossiga è stato un grande uomo delle istituzioni ed un efficiente servitore dello Stato, ma in politica, non era al di sopra delle parti, aveva militato in un preciso schieramento politico la Democrazia Cristiana. Era anche il nostro partito.


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