LE CERTIFICAZIONI ANAGRAFICHE RICHIESTE DALL’AVVOCATO AI COMUNI SONO ESENTI DA BOLLO SE USO NOTIFICA ATTI GIUDIZIARI.
19-04-2016 18:06 - Diritto
Con risoluzione n. 24/E l’Agenzia delle Entrate esprime il proprioin seguito ad uno specifico interpello proposto all’Agenzia delle Entrate dal Ministero dell’Interno.
In particolare era successo che un Ordine degli avvocati di un non meglio precisato Tribunale ( quando l’Ordine degli Avvocati davvero si interessa dei problemi dei propri iscritti ) avesse fatto presente al Ministero dell’Interno , al quale compete la vigilanza sugli enti locali che i certificati anagrafici richiesti dagli studi legali per uso notifica atti giudiziari devono essere rilasciati in esenzione dall’imposta di bollo , invece nella prassi accadeva che ogni comune richiedeva agli avvocati marche da bollo che oscillavano, da Comune a Comune, da euro 2,00 ad euro 16,00 .
Per la cronaca tale prassi è presente anche in alcuni comuni della Campania e della provincia di Caserta senza dimenticare che il diniego di un certificato per l’omesso assolvimento dell’onere del bollo non è comportamento propriamente corretto dovendosi , sempre , evadere l’istanza e semmai procedere al recupero dell’imposta di bollo ritenuta applicabile. D’altra parte in materia di marca da bollo vige il principio legalitario “ nulla poena sine lege”. In altre parole il bollo può essere richiesto solo se previsto da una specifica norma di legge.
Tornando all’interpello dell’Agenzia delle Entrate pubblicato il 18/04/2016 l’Ordine degli avvocati che aveva segnalato la problematica al Ministero dell’Interno aveva anche chiarito come vista l’ormai definitiva digitalizzazione delle amministrazioni locali e l’obbligo per gli avvocati di munirsi di casella di posta elettronica certificata (PEC) la richiesta di certificato anagrafico uso notifica risultava uno strumento particolarmente veloce capace di far guadagnare molto tempo alla macchina giudiziaria in considerazione del fatto che uno dei frequenti motivi di rinvio dei procedimenti giudiziari è rappresentato dai difetti di notifica e che per effettuare una corretta notifica laddove vi sia incertezza, circa il luogo della notificazione, occorre il certificato anagrafico necessariamente.
Benchè il Ministero dell’Interno interpellante l’Agenzia delle Entrate si fosse pronunciato in senso negativo ovvero che a parere del Ministero i certificati non potessero essere rilasciati in esenzione dall’imposta di bollo ( senza per altro indicare l’ammontare dell’imposta di bollo n.d.r.) , l’Agenzia delle Entrate ha invece risolto la questione in maniera diversa.
In particolare il dpr 26/10/1972 n. 642 ( testo unico in materia di imposte di bollo) all’art. 4 comma 1 prevede l’applicazione della marca da bollo nella misura di euro 16,00 per ogni foglio ( rappresentato da 4 facciate) per tutti gli atti e provvedimenti degli organi dell’amministrazione dello stato, delle regioni, delle province , dei comuni , rilasciati a coloro che ne abbiano fatto richiesta.
Tuttavia la stessa norma in particolare la nota n. 2 aggiunta alla norma da ultimo citata prevede che “ sono esenti dall’imposta i certificati , copie ed estratti desunti esclusivamente dai registri dello stato civile e le corrispondenti dichiarazioni sostitutive.”
Le certificazioni desunte dai registri dello Stato civile a mente del dpr 03/11/2000 n. 396 ( testo unico in materia di stato civile) sono specificamente le certificazioni che riguardano: la cittadinanza, la nascita, il matrimonio e la morte. Tutte le certificazioni appena elencate sono assolutamente esenti da bollo e a richiesta devono essere rilasciate con l’unico limite del coordinamento tra le norme citate e quelle che riguardano la protezione dei dati personali ( argomento da affrontare separatamente).
In linea generale conseguentemente ha chiarito l’Agenzia delle Entrate i certificati di residenza sono soggetti all’imposta di bollo che ai sensi del citato art. 4 dpr 642 del 1972 è pari ad euro 16,00 per ogni foglio ( 4 facciate).
Anche in questo caso però esiste la specifica esenzione dal pagamento dell’imposta ovvero quando i certificati di residenza sono destinati ad uno degli usi indicati nella tabella, allegato b , annessa al citato dpr n. 642 del 1972.
La tabella indicata reca l’elencazione degli atti e documenti esenti in modo assoluto dall’imposta all’origine o perché esentati in casi specifici indicati dalla legge.
Esiste, poi, una normativa che ha specificamente ridotto , dichiarandone la natura residuale, l’imposta di bollo è il dpr 30/05/2002 n. 115 ( testo unico in materia di spese di giustizia).
Come è noto tale testo unico ha introdotto il contributo unificato , per altro anche di rilevanza economica considerevole , che si proponeva lo scopo di eliminare dai procedimenti giudiziali le marche da bollo con il sistema a foglio e le altre spese semplificando, seppure aggravando sotto il profilo economico, la regola del pagamento di marche da bollo al solo contributo unificato.
In virtù del principio appena ricordato il testo unico espressamente prevedeva “ la non applicabilità dell’imposta di bollo agli atti e provvedimenti processuali inclusi quelli antecedenti , necessari o funzionali” ( art. 18 dpr 115 del 2002).
La genericità del termine atti e provvedimenti processuali aveva già creato problemi interpretativi risolti dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 70 del 14/08/2002 laddove si chiariva che il legislatore, non facendo distinzione tra i termini procedimento e processo , intendeva subordinare tutti gli atti e i provvedimenti dei procedimenti giurisdizionali al contributo unificato , escludendoli, allo stesso tempo dall’imposta di bollo. D’altra parte la lettura della norma secondo l’interpretazione ricordata non era certamente per alleviare il carico tributario all’utente della giustizia poiché , come detto , il contributo unificato è molto più pesante economicamente della marca da bollo a facciata e vigendo in materia di imposte la regola della non duplicazione di tasse , imposte e contributi anche in questo caso si può richiamare il principio penalistico del “ne bis in idem” valido anche per la materia tributaria.
Conseguentemente tornando ai certificati anagrafici l’Agenzia delle Entrate ha chiarito come anche i certificati anagrafici richiesti dagli studi legali ad uso notifica di atti giudiziari , ormai prevista dalla legge tra le facoltà specifiche degli studi legali , devono ritenersi esenti dall’imposta di bollo ai sensi dell’art. 18 dpr n. 115 del 2002 , in quanto , trattasi di atti funzionali al procedimento giurisdizionale.
L’unica avvertenza conclusiva contenuta nella risoluzione dell’Agenzia delle Entrate è che “in tale evenienza , sul certificato rilasciato senza il pagamento dell’imposta di bollo, andrà indicata la norma di esenzione , ovvero l’uso cui tale atto è destinato”.
Nell’ipotesi quindi della notifica di atti giudiziari alternativamente l’indicazione della norma vale a dire l’art. 18 dpr n. 115 del 2002 o anche la semplice indicazione nella richiesta inoltrata dallo studio legale di certificazione “ uso notifica atti giudiziari”.
Nella sezione documenti del sito pubblichiamo anche la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n.24 del 18/04/2016
In particolare era successo che un Ordine degli avvocati di un non meglio precisato Tribunale ( quando l’Ordine degli Avvocati davvero si interessa dei problemi dei propri iscritti ) avesse fatto presente al Ministero dell’Interno , al quale compete la vigilanza sugli enti locali che i certificati anagrafici richiesti dagli studi legali per uso notifica atti giudiziari devono essere rilasciati in esenzione dall’imposta di bollo , invece nella prassi accadeva che ogni comune richiedeva agli avvocati marche da bollo che oscillavano, da Comune a Comune, da euro 2,00 ad euro 16,00 .
Per la cronaca tale prassi è presente anche in alcuni comuni della Campania e della provincia di Caserta senza dimenticare che il diniego di un certificato per l’omesso assolvimento dell’onere del bollo non è comportamento propriamente corretto dovendosi , sempre , evadere l’istanza e semmai procedere al recupero dell’imposta di bollo ritenuta applicabile. D’altra parte in materia di marca da bollo vige il principio legalitario “ nulla poena sine lege”. In altre parole il bollo può essere richiesto solo se previsto da una specifica norma di legge.
Tornando all’interpello dell’Agenzia delle Entrate pubblicato il 18/04/2016 l’Ordine degli avvocati che aveva segnalato la problematica al Ministero dell’Interno aveva anche chiarito come vista l’ormai definitiva digitalizzazione delle amministrazioni locali e l’obbligo per gli avvocati di munirsi di casella di posta elettronica certificata (PEC) la richiesta di certificato anagrafico uso notifica risultava uno strumento particolarmente veloce capace di far guadagnare molto tempo alla macchina giudiziaria in considerazione del fatto che uno dei frequenti motivi di rinvio dei procedimenti giudiziari è rappresentato dai difetti di notifica e che per effettuare una corretta notifica laddove vi sia incertezza, circa il luogo della notificazione, occorre il certificato anagrafico necessariamente.
Benchè il Ministero dell’Interno interpellante l’Agenzia delle Entrate si fosse pronunciato in senso negativo ovvero che a parere del Ministero i certificati non potessero essere rilasciati in esenzione dall’imposta di bollo ( senza per altro indicare l’ammontare dell’imposta di bollo n.d.r.) , l’Agenzia delle Entrate ha invece risolto la questione in maniera diversa.
In particolare il dpr 26/10/1972 n. 642 ( testo unico in materia di imposte di bollo) all’art. 4 comma 1 prevede l’applicazione della marca da bollo nella misura di euro 16,00 per ogni foglio ( rappresentato da 4 facciate) per tutti gli atti e provvedimenti degli organi dell’amministrazione dello stato, delle regioni, delle province , dei comuni , rilasciati a coloro che ne abbiano fatto richiesta.
Tuttavia la stessa norma in particolare la nota n. 2 aggiunta alla norma da ultimo citata prevede che “ sono esenti dall’imposta i certificati , copie ed estratti desunti esclusivamente dai registri dello stato civile e le corrispondenti dichiarazioni sostitutive.”
Le certificazioni desunte dai registri dello Stato civile a mente del dpr 03/11/2000 n. 396 ( testo unico in materia di stato civile) sono specificamente le certificazioni che riguardano: la cittadinanza, la nascita, il matrimonio e la morte. Tutte le certificazioni appena elencate sono assolutamente esenti da bollo e a richiesta devono essere rilasciate con l’unico limite del coordinamento tra le norme citate e quelle che riguardano la protezione dei dati personali ( argomento da affrontare separatamente).
In linea generale conseguentemente ha chiarito l’Agenzia delle Entrate i certificati di residenza sono soggetti all’imposta di bollo che ai sensi del citato art. 4 dpr 642 del 1972 è pari ad euro 16,00 per ogni foglio ( 4 facciate).
Anche in questo caso però esiste la specifica esenzione dal pagamento dell’imposta ovvero quando i certificati di residenza sono destinati ad uno degli usi indicati nella tabella, allegato b , annessa al citato dpr n. 642 del 1972.
La tabella indicata reca l’elencazione degli atti e documenti esenti in modo assoluto dall’imposta all’origine o perché esentati in casi specifici indicati dalla legge.
Esiste, poi, una normativa che ha specificamente ridotto , dichiarandone la natura residuale, l’imposta di bollo è il dpr 30/05/2002 n. 115 ( testo unico in materia di spese di giustizia).
Come è noto tale testo unico ha introdotto il contributo unificato , per altro anche di rilevanza economica considerevole , che si proponeva lo scopo di eliminare dai procedimenti giudiziali le marche da bollo con il sistema a foglio e le altre spese semplificando, seppure aggravando sotto il profilo economico, la regola del pagamento di marche da bollo al solo contributo unificato.
In virtù del principio appena ricordato il testo unico espressamente prevedeva “ la non applicabilità dell’imposta di bollo agli atti e provvedimenti processuali inclusi quelli antecedenti , necessari o funzionali” ( art. 18 dpr 115 del 2002).
La genericità del termine atti e provvedimenti processuali aveva già creato problemi interpretativi risolti dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 70 del 14/08/2002 laddove si chiariva che il legislatore, non facendo distinzione tra i termini procedimento e processo , intendeva subordinare tutti gli atti e i provvedimenti dei procedimenti giurisdizionali al contributo unificato , escludendoli, allo stesso tempo dall’imposta di bollo. D’altra parte la lettura della norma secondo l’interpretazione ricordata non era certamente per alleviare il carico tributario all’utente della giustizia poiché , come detto , il contributo unificato è molto più pesante economicamente della marca da bollo a facciata e vigendo in materia di imposte la regola della non duplicazione di tasse , imposte e contributi anche in questo caso si può richiamare il principio penalistico del “ne bis in idem” valido anche per la materia tributaria.
Conseguentemente tornando ai certificati anagrafici l’Agenzia delle Entrate ha chiarito come anche i certificati anagrafici richiesti dagli studi legali ad uso notifica di atti giudiziari , ormai prevista dalla legge tra le facoltà specifiche degli studi legali , devono ritenersi esenti dall’imposta di bollo ai sensi dell’art. 18 dpr n. 115 del 2002 , in quanto , trattasi di atti funzionali al procedimento giurisdizionale.
L’unica avvertenza conclusiva contenuta nella risoluzione dell’Agenzia delle Entrate è che “in tale evenienza , sul certificato rilasciato senza il pagamento dell’imposta di bollo, andrà indicata la norma di esenzione , ovvero l’uso cui tale atto è destinato”.
Nell’ipotesi quindi della notifica di atti giudiziari alternativamente l’indicazione della norma vale a dire l’art. 18 dpr n. 115 del 2002 o anche la semplice indicazione nella richiesta inoltrata dallo studio legale di certificazione “ uso notifica atti giudiziari”.
Nella sezione documenti del sito pubblichiamo anche la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n.24 del 18/04/2016
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